Mussolini confinato a La Maddalena

Nel nostro precedente post relativo alla seduta del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943, che portò all’approvazione dell’ordine del giorno Grandi e alla conseguente destituzione di Mussolini, abbiamo visto che la mattina dopo lo stesso venne convocato dal Sovrano e tratto in arresto. Per chi volesse approfondire l’argomento o semplicemente rileggere il post, sotto lasciamo il link relativo:

LA RIUNIONE DEL GRAN CONSIGLIO DEL FASCISMO, 25 LUGLIO 1943

Tratto in arresto alle 17,20 dello stesso 25 luglio, Mussolini fu quindi nascosto e tenuto prigioniero presso la caserma della Scuola allievi carabinieri di Roma e poi trasferito in un’analoga cella presso la caserma dei carabinieri di Via Legnano. La sera di martedì 27 luglio 1943, verso le dieci, Mussolini lasciò Roma sotto scorta in autoambulanza. Giunto a Gaeta, fu subito imbarcato sulla corvetta Persefone (vedi immagine principale del post) che, con i motori accesi, attendeva ormeggiata al molo Ciano.

Si trattava di una nave da guerra abbastanza veloce, faceva 18 miglia all’ora, di 670 tonnellate di stazza, lunga 64 metri e larga 8,7. Varata nel \942, l’imbarcazione, come scrisse Mussolini stesso, nel suo “Diario nelle isole di Ponza e della Maddalena” arrivo’ a Ventotene mercoledì 28, scortato dai due uomini a cui il maresciallo Badoglio aveva affidato l’operazione. I due uomini in questione erano l’ammiraglio Maugeri e il generale Polito che la stessa mattina del 28 verso le 11 completarono l’operazione trasferendo Mussolini da Ventotene a Ponza, la sua destinazione finale.

Secondo alcune fonti, il Duce avrebbe trascorso la prima notte nel piccolo carcere dell’isola, posto tra l’ex Pretura e la Torre dei Borboni. E l’indomani mattina, di buon’ora, sarebbe stato trasferito, via mare, in una casetta di Santa Maria, strutturata su due piani, quella stessa che oggi ospita la Pensione Silvia, a pochi metri dalla spiaggia.

La spiaggia di Santa Maria, a sinistra la casa prigione di Mussolini
La spiaggia di Santa Maria, a sinistra la casa prigione di Mussolini

Nel quartiere per motivi di sicurezza, furono sgomberate tutte le abitazioni che confinavano con quella del prigioniero e queste furono occupate dai militari che lo sorvegliavano. L’isola ospitava ancora alcuni confinati antifascisti, tra gli altri vi era Pietro Nenni, che scriveva nel suo «Diario»:

«Dalla finestra della mia stanza, col cannocchiale, ora vedo distintamente Mussolini: è anch’egli alla finestra, in maniche di camicia e si passa nervosamente il fazzoletto sulla fronte».

La permanenza del Duce a Ponza, sotto la vigilanza attenta di venti carabinieri, si protrasse per dieci giorni, fino a quando le autorità governative ritennero più sicuro trasferirlo in Sardegna, sull’isola della Maddalena. Che qualcuno cercasse di far fuggire Mussolini era ormai risaputo: i tedeschi per primi non facevano segreto della loro intenzione di realizzare il progetto se fossero arrivati a sapere dov’era tenuto.

Il ministro per gli armamenti tedesco Albert Speer, nel suo libro Memorie del Terzo Reich, ricorda la reazione di Adolf Hitler alla notizia dell’arresto di Mussolini, e scrisse che :”Non c’era gran rapporto in cui il Führer non chiedesse che fosse fatto tutto il possibile per ritrovare l’amico disperso. Diceva di essere oppresso giorno e notte dall’angoscia”.

Lo stesso 26 luglio appresa la notizia dell’arresto Hitler, convocò presso la “Tana del lupo”, diede ordini per l’operazione “Eiche”, il piano che doveva portare alla liberazione dell’amico Benito. Si è poi saputo che Skorzeny, uno degli ufficiali a cui venne affidata la missione era venuto a conoscenza,  per mezzo di un carabiniere, che Mussolini si trovava all’Isola di Ponza,

Si arriva cosi al 7 agosto, secondo anniversario della morte del figlio Bruno, avvenuta il 7 agosto 1941, durante un volo di prova del nuovo bombardiere Piaggio P108. Per chi volesse approfondire l’argomento mettiamo il link del post che tratta la tragica morte del capitano pilota Bruno Mussolini:

La morte di Bruno Mussolini

Nel suo Diario ponzese, il Duce così racconta la sua partenza improvvisa:

«Verso l’una sono stato svegliato con le seguenti parole: “Pericolo in vista! Dobbiamo partire!”. Mi sono vestito in tutta fretta, ho raccolto i miei oggetti e le mie carte e mi sono recato su un incrociatore che mi attendeva. Sono salito a bordo ed ho incontrato l’ammiraglio Maugeri che mi ha detto che la nuova tappa era l’isola della Maddalena, presso la Sardegna.»

Nella notte venne imbarcato in tutta fretta sul cacciatorpediniere «Pantera» e portato via da Ponza. Nuova destinazione l’isola della Maddalena posto ritenuto più sicuro anche se il realtà pullulava di  marinai italiani e di soldati tedeschi, in quanto era il punto obbligato di passaggio per i trasporti fra Palau e Bonifacio.

Giunti sull’isola Mussolini venne quindi condotto a Villa Webber (si chiamava cosi da un originale personaggio inglese che l’aveva costruita e vi aveva abitato alla fine dell’ Ottocento), un elegante edificio tutto bianco nel verde di un piccolo bosco. Nella nuova destinazione l’isolamento è completo, o quasi. Guardato a vista da dodici carabinieri che stanno nella villa sotto il comando di un tenente, più un centinaio di altri uomini accampati nella pineta.

Mussolini è praticamente carcerato in una stanzetta, i soli contatti umani li ha con Maria Pedoli, la donna che gli lava la biancheria, e col parroco dell’isola, monsignor Salvatore Capula, scambia qualche messaggio col medico Aldo Chirico, di fede fortemente fascista, già podestà della Maddalena.  Quest’ultimo racconterà successivamente gli stratagemmi messi in opera per poter comunicare col duce: comunicazioni labili, affidate a terze persone (qualche biglietto nascosto nella biancheria lavata o da lavare).

Enrico Manieri, collezionista di cimeli storici, ha trovato un bigliettino, piegato una decina di volte, che dice:

«Segnalate il numero delle guardie che circondano la villa. Naturalmente, avrete l’aiuto del dottor Chirico, il quale vi informerà dettagliatamente sul piano. Vi ringrazio per quanto fate e stracciate, poi, questo biglietto», data 16 agosto, firmato Mussolini.

A chi la conosce, la grafia del duce sembra diversa da quella solita che si trova in mille documenti d’archivio: ma è anche vero che il duce alla Maddalena non era né in condizioni fisiche né in situazione morale che gli permettessero di gestire la propria imponente grafia come ai tempi in cui era il Duce del Fascismo. Una perizia calligrafica ha certificato l’autenticità del biglietto: che resta misterioso soprattutto per la persona del destinatario al quale è rivolto, e che dovrebbe essere l’organizzatore della fuga con la complicità del dottor Chirico.

I tedeschi erano sempre impegnati a reperire informazioni su dove Mussolini fosse tenuto prigioniero, e il loro attivismo fu probabilmente la causa principale, se non l’unica, dello spostamento del prigioniero da Villa Webber. Il 17 o il 18 un aereo tedesco aveva sorvolato la stessa a bassa quota, Mussolini che era sulla terrazza, disse al comandante dei suoi custodi:

«Vedete, i tedeschi ci hanno individuato».

Nella notte fra il 27 e il 28 un altro aereo, pare con a bordo lo stesso Skorzeny, era nuovamente passato sulla villa e a quel punto venne deciso che il posto non era più sicuro e venne disposto l’immediato trasferimento.

La stessa mattina del 28 agosto 1943, alle sei del mattino un idrovolante con le insegne della Croce Rossa si presentava nel breve tratto di mare di fronte a Villa Webber, caricava a bordo Benito Mussolini e dopo un’ora e mezzo di volo, lo stesso ammarava a Vigna di Valle.

Vedremo nel prossimo post, l’ultima destinazione dell’ormai ex Duce prima della sua liberazione, ad opera di un reparto di paracadutisti tedeschi. Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.

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