13 aprile 2024, inaugurazione di una lapide per Dušan Bordon

Oggi 13 aprile 2024 nell’80° anniversario della morte di Dušan Bordon partigiano sloveno e del russo Piotor Fepisovic, morti nella zona dell’aretino durante un rastrellamento operato da forze della Repubblica Sociale, nel luogo dove i due partigiani trovarono la morte e cioè Samprocino di Caprese Michelangelo è stata collocata una lapide a ricordo. Alla cerimonia erano presenti una rappresentanza degli studenti della Scuola Dusana Bordona intitolata appunto a Bordon, in Capodistria.

Nato il 16 dicembre 1920 a Trieste da genitori istriani, dopo l’avvento del fascismo Bordon si trasferisce con la famiglia nel Regno di Jugoslavia, prima a Ptuj e poi a Lubiana. Studente di filosofia, approfondisce gli studi sul marxismo-leninismo e si dedica alla diffusione di idee rivoluzionarie. Dal 1938 avvia la pubblicazione del giornale Gioventù slovena, soppressa nel 1940 e dopo la sconfitta del Regno di Jugoslavia e la nascita della provincia italiana di Lubiana, entra a far parte di una brigata volontaria di studenti in Croazia ed entra in clandestinità a Lubiana.

Il 2 luglio 1941 viene arrestato dalla polizia italiana insieme al fratello Rado e dopo un primo perido di detenzione a Lubiana i due fratelli vengono trasferiti in Italia e dal luglio 1943 entrambi vengono deportati nel campo d’internamento di Renicci d’Anghiari, località della Valtiberina toscana. Dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943 e l’abbandono del campo da parte dei soldati di guardia, i fratelli Bordon si uniscono alla lotta partigiana nell’Appennino.

Dušan diviene commissario politico della 23ª Brigata Garibaldi “Pio Borri” e comandante del reparto slavi che opera nella zona di Caprese Michelangelo, piccolo centro dell’aretino. Come riportato all’inizio dell’articolo Bordon venne ucciso il 13 aprile 1944 in uno scontro a fuoco nei pressi del piccolo centro dove il 6 marzo 1475 nacque Michelangelo Buonarroti, quando il reparto slavi venne attaccato da reparti della Guardia Nazionale Repubblicana.

Ricordiamo che negli anni 1942-1943 decine di migliaia di civili jugoslavi furono internati in campi di internamento sorti nelle zone occupate ma anche sul territorio della penisola. Nelle zone occupate o annesse si ricorse spesso, per la lotta contro le bande partigiane, a metodi repressivi che prevedevano l’incendio di villaggi, la fucilazione di ostaggi civili e la deportazione della popolazione. Nei territori adriatici annessi i campi di internamento principali furono quello di Arbe per l’area fiumana e slovena, il campo di Melada (provincia di Zara) dipendente dal Governatorato della Dalmazia e i campi di Mamula (Lastavica) e Prevlaka per l’area adriatica meridionale e le Bocche di Cattaro.

Dall’intendenza della 2ª Armata, oltre al campo di Arbe, dipesero anche altri centri di internamento per jugoslavi situati in Italia, come quelli di Gonars (provincia di Udine), il più grande campo per slavi operante nella penisola, e Renicci (Arezzo). Vi furono poi una serie di campi minori con funzione di transito, come a Zaravecchia, Vodizza (Vodice) e Divulje. Con la resa dell’Italia sia i militari alleati prigionieri sia gli internati fuggirono dai campi di detenzioni rimasti senza guardia e molti di loro si uniranno alle file della resistenza.

A poco più di 20 chilometri di distanza all’interno del cimitero del comune di Sansepolcro è collocato il cosiddetto Sacrario degli Slavi. Realizzato dal governo jugoslavo e inaugurato il 15 dicembre 1973, esso ospita 446 urne zincate con i resti di cittadini jugoslavi, provenienti in particolare modo dalla Slovenia e dalla Croazia, morti in Italia durante la detenzione nei campi di concentramento (160 dei quali morti a Renicci, nel comune di Anghiari) o nella lotta di Liberazione. Il Comune di Sansepolcro, che a partire dal 1991 si è occupato della manutenzione e conservazione della struttura, nel 2021 ha sottoscritto una convezione per la gestione dell’area con la Repubblica di Slovenia.

Il 17 settembre 2021 è stata inoltre collocata, nei pressi del sacrario degli Slavi, una lapide commemorativa dedicata ai soldati del II Corpo d’Amata polacco del generale Władysław Anders, giunti a Sansepolcro nell’autunno del 1944,,reduci dalla battaglia di Montecassino. A motivo di queste presenze, oltre che delle sepolture di alcuni partigiani, il Cimitero di Sansepolcro è oggi uno dei luoghi della memoria italiana legata alla seconda guerra mondiale e alla Resistenza.


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