80 anni fa, l’eccidio nazifascista di Forno

Il 9 giugno 1944, i partigiani della formazione “Luigi Mulargia”, nata nel maggio 1944 e composta da vari gruppi della resistenza della zona della Versilia e del Massese, comandata da Marcello Garosi noto come “Tito”, erroneamente certi di un imminente sbarco alleato fra Viareggio e Marina di Carrara, occuparono Forno, un piccolo paese di montagna in provincia di Massa e Carrara, incastonato tra le Alpi Apuane e attraversato dal fiume Frigido, con l’intento di utilizzarlo come avamposto per future azioni nella città di Massa.

Venne proclamata la Repubblica libera di Forno e subito dopo il CLN, il Comitato di Liberazione Nazionale apuano, resosi conto dell’azzardo commesso, ordinò a più riprese che i partigiani abbandonassero il paese, inviandovi suoi esponenti di varie parti politiche. L’11 giugno alcuni comandanti partigiani si riunirono con il pisano Olivero Tilgher, comunista, rappresentante militare del Comitato di Liberazione Nazionale toscano, per confermare Marcello Garosi “Tito” come comandante unico delle varie formazioni del Massese e della Versilia. Alla riunione non parteciparono i rappresentanti del Comitato di Liberazione Nazionale apuano.

Il 13 giugno 1944, in paese era in corso la festa di S. Antonio, patrono di Forno, e forse ciò può aver ritardato la ritirata dal paese, che era stata ormai decisa. Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, provenienti da La Spezia, un battaglione tedesco forte di circa 300/400 della 135° Festungs-Brigadestab tedesca (la Brigata da fortezza), guidati dal colonnello Kurt Almers, rinforzato con alcuni membri della Kriegsmarine, la Marina militare tedesca, risalì da Massa a Forno per la Via Bassa Tambura,

Alle operazioni che dovevano portare alla rapida riconquista del piccolo centro, presero parte anche reparti di terra della Divisione fanteria di marina Xª, al comando del tenente Umberto Bertozzi, comandante dell’Ufficio “I” della Xª MAS, reparto con compiti investigativi e di raccolta informazioni specificamente indirizzato alla lotta anti-partigiana. Il reparto di Bertozzi composto da 50/100 unità aggirò il paese passando da Colonnata e attraverso i monti (valicando dal Vergheto) entrando nello stesso senza incontrare resistenza.

I partigiani sorpresi e non certo in grado di contrastare un tale dispiegamento di forze, ostacolarono la manovra avversaria in modo lieve. Era da poco passa l’alba quando il comandante dei partigiani “Tito” raggruppò i suoi uomini e cercò di uscire dal paese andando verso la Filanda. La piccola formazione venne intercettata e nei combattimenti che seguirono, rimasero uccisi il comandante della “Mulargia” Marcello Garosi che, rimasto senza munizioni, si sparò l’ultimo colpo piuttosto di arrendersi e consegnarsi al nemico ed altri sette partigiani.

Intorno alle otto del mattino il paese era in mano ai tedeschi e l’intera popolazione fu radunata sulla strada principale. Alcuni terribili episodi produssero nella gente la consapevolezza del dramma che quel giorno si sarebbe compiuto. I giovani furono separati e trattenuti nei pressi della Caserma degli ex Carabinieri reali, mentre il resto della popolazione, donne bimbi e anziani, furono condotti sulla via che porta al cimitero dove rimasero per tutto il giorno senza muoversi, controllati a vista.

Furono quindi selezionati gli uomini presenti in paese (forse con l’aiuto di una spia che si era infiltrata nei giorni precedenti): 51 di essi, disertori del distretto di Massa, saranno avviati verso la deportazione in Germania. Gli uomini sospettati di essere partigiani furono invece rinchiusi e fucilati la sera stessa sulle sponde del fiume Frigido, sotto la chiesetta di S. Anna. 68 furono le vittime: 56 furono i fucilati, 2 perirono nel rogo della caserma dei Carabinieri, 10 negli scontri e nel rastrellamento, fra di esse una donna, ed un bambino di 9 anni.

Fra i giustiziati vi fu anche il comandante della caserma il maresciallo ordinario Ciro Siciliano: nato a Portici nel 1908, aveva sposato Anna Pegollo, sorella del partigiano “Naldo”. Il 9 giugno 1944 il sottufficiale aveva accolto amichevolmente i partigiani che stavano occupando a Forno, e proprio nella caserma dei carabinieri questi avevano installato il loro comando. Il 13 giugno 1944, quando i tedeschi e i militi della X Mas fecero irruzione nel paese, Ciro Siciliano, che era in licenza di convalescenza, non era presente: avrebbe potuto quindi salvarsi, ma decise di tornare a Forno, con l’intenzione di intercedere per i suoi uomini e la popolazione civile rastrellata.

Accusato di non essersi opposto all’occupazione del paese da parte dei partigiani e di avere fraternizzato con loro, fu messo anch’egli nel gruppo dei prigionieri da fucilare. Anche il parroco del paese, don Vittorio Tonarelli, fu preso e a lui il tenente Bertozzi, dette il compito di andare alla Filanda in 20 minuti e portare in salvo tutti i bimbi dell’asilo, perché avrebbero fatto saltare in aria l’edificio, minacciando che in caso di ritardo sarebbero state fucilate molte persone in più e se fosse fuggito avrebbero ucciso 500 civili.

Don Vittorio riuscì anche a far curare da un ufficiale medico della X Mas un bambino rimasto ferito, ma nulla poté per aiutare un partigiano ferito ai margini dell’abitato: mentre il sacerdote gli prestava aiuto, l’uomo fu scorto dai tedeschi, che lo finirono a colpi di mitra. Al comandante Marcello Garosi, nato a Firenze il 20 marzo 1919 ed ex Sottotenente di complemento dei Bersaglieri,  verrà concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:

«Fin dall’8 settembre 1943 raccolse ed organizzò un gruppo di patrioti, che presto diventò falange e con i quali dominò le Apuane da Monte Prano alla Conca di Vinca. In seguito all’attacco concentrico da parte di un migliaio di guardie repubblicane, X flottiglia ed SS tedesche, appoggiate da due semoventi, riusciva a rompere l’accerchiamento dopo avere fatto saltare un tratto di monte ed avere sepolto tre camion carichi di nemici. Ritornato sul terreno della lotta, cercava più volte di liberare il grosso della propria formazione che si trovava accerchiato, finché in un ultimo assalto, spintosi fin dentro le linee avversarie, rimaneva gravemente ferito. Continuava con mirabile freddezza di animo a sparare con il mitragliatore fino all’ultima cartuccia, preferendo infine togliersi la vita piuttosto che cadere vivo in mano al nemico.»
— Forno (Massa), 14 giugno 1944.

Il valore e il sacrificio del maresciallo Ciro Siciliano, militare in in servizio dal 1927 con varie esperienze in altre caserme della penisola oltre a circa due anni di permanenza in Etiopia, comandante della stazione di Forno dal settembre 1938, verranno suggellati con la concessione della Medaglia d’Oro al Valor Civile con la seguente motivazione:

«In licenza di convalescenza, appreso che le truppe tedesche avevano catturato per rappresaglia la popolazione di Forno di Massa con il chiaro intento di passarla per le armi, con ferma determinazione e sprezzo del pericolo, affrontava il comandante del contingente tedesco riuscendo ad ottenere la liberazione di tutti gli anziani, le donne, i bambini ed i religiosi, venendo però a sua volta fucilato dai nazifascisti, unitamente ad altri 51 uomini inermi. Chiaro esempio di elevatissime virtù civiche ed eccezionale senso del dovere, spinti fino all’estremo sacrificio.

13 giugno 1944, Forno (MS).»

Dal 2007 si svolge il premio-concorso “Maresciallo Ciro Siciliano – Pace giustizia libertà democrazia”, rivolto in particolare agli studenti delle scuole del territorio apuano, i quali affrontano il tema della memoria dei fatti accaduti nel 1944 attraverso elaborati scritti, poesie, interviste e disegni grafici

Quanto a Bertozzi dal luglio 1944 assunse il comando della neocostituita Compagnia “O” (Compagnia operativa), avente un organico di 120 uomini, autocarrata, estremamente mobile, strutturata su tre plotoni fucilieri ed un plotone comando, destinata in un primo tempo ad operare esclusivamente nell’entroterra spezzino. Poiché il Bertozzi continuava a comandare anche l’Ufficio “I”, aveva in questo modo il controllo di una parte molto significativa dell’apparato repressivo della Flottiglia.

Dall’autunno del 1944 la Compagnia “O” fu massicciamente coinvolta nella repressione del movimento resistenziale; dispiegando tutta la propria forza, si rese autrice di numerosi rastrellamenti, arresti, esecuzioni e torture, eccidi e stragi anche presso la popolazione civile, con modalità giudicate crimini di guerra, nei territori di La Spezia, Apuania, in Lunigiana, nell’appennino parmense, nelle zone di Ivrea e di Cuorgnè in Piemonte, nella zona di Spilimbergo, a Maniago, a Gorizia in Venezia Giulia, a Conegliano Veneto e, infine, nella zona di Thiene nel vicentino.

Nel dicembre 1944 il comando della Xª MAS venne trasferito da La Spezia a Milano, e con esso anche l’Ufficio “I”. Nel capoluogo lombardo, le azioni di Bertozzi risultarono ancora più violente e crudeli e tristemente famose e i suoi metodi di investigazione, interrogatorio e repressione sempre più brutali, tanto da essere definiti anche dai commilitoni veri “scatti di furore”.

La compagnia “O”, mal tollerata dallo stesso Borghese comandante della X MAS, fu da lui stesso sciolta nel mese di dicembre 1944 e i suoi membri incorporati nel Distaccamento Milano acquartierato nella caserma di via Fiume dove continuarono la loro attività di repressione con la stessa violenza e brutalità, ormai fuori controllo, con continue scorrerie in tutta la Lombardia e nel Nord-Italia, fino alla resa avvenuta il 26 aprile 1945.

Nella seconda metà di marzo 1945, perfino lo stesso comandante Borghese fu costretto a intervenire disciplinarmente, perché troppe erano le denunce che piovevano sul suo tavolo e su quello del comandante della Divisione Decima, generale di Brigata Giuseppe Corrado circa i crimini compiuti da Bertozzi. Alla fine dello stesso mese, fu arrestato su ordine dell’autorità giudiziaria militare della Repubblica Sociale Italiana. Nella relazione redatta dal generale Giuseppe Corrado, che porterà all’arresto, si apprende che questi venne denunciato dallo Stato Maggiore della Xª MAS al Tribunale militare per «atti di violenza e di sadismo nonché di vergognose accuse di natura morale».

Inoltre il reparto da lui comandato, l’Ufficio I, veniva descritto nella relazione come un «reparto autonomo con tutti i caratteri di una banda irregolare». Agli atti risulta anche che il comandante Junio Valerio Borghese tentò di coprire le azioni di Bertozzi e sottrarlo alle indagini, affidandolo ad incarichi politici, ma la manovra fu stroncata, per ordine del Ministero della marina, in seguito a espresso comando partito da Benito Mussolini, che ne volle l’arresto.

Nel dopoguerra Bertozzi verrà processato dalla Corte d’assise, sezione speciale di Vicenza, assieme ai suoi collaboratori Franco Banchieri e Ranunzio Benedetti, e ritenuto colpevole di oltre cento «omicidi volontari, fra cui il concorso nella strage di Forno e di numerose sevizie e atrocità particolarmente efferate perpetrate tra il 1944-1945 con episodi di violenza, venendo condannato con sentenza del 4 giugno 1947 alla pena di morte con fucilazione alla schiena per collaborazionismo e omicidio volontario continuato aggravato per crudeltà per tutti i capi d’imputazione, oltre ad una condanna all’ergastolo assorbita dalla pena capitale.

La condanna verrà poi commutata in ergastolo dalla Corte di cassazione in data 9/04/1948, pena ridotta due anni dopo sempre dalla cassazione a 30 anni e successivamente a 19 anni, in applicazione di condoni nel frattempo intervenuti. Nel gennaio 1952 la cassazione decise la revisione del processo con rinvio alla Corte d’Assise d’Appello di Venezia e la scarcerazione del condannato in attesa del nuovo processo. Al nuovo processo Bertozzi, chiese l’applicazione del beneficio dell’amnistia impropria, che gli fu accordata. Con sentenza del 25/02/1963 la corte di Venezia dichiarò estinti i reati ai sensi dell’amnistia Togliatti e cessata l’esecuzione della sentenza del 1947.

Nel 1964 si sposò a Milano con Antonietta Luisa Cattaneo e pochi mesi dopo, il 18 ottobre, morì a Ponte dell’Olio, a 59 anni, di cancro al cervello. Grazie per aver letto il nostro post e con la speranza che vogliate continuare a seguirci, Vi diamo appuntamento al prossimo. Mi piace e commenti e/o suggerimenti su come migliorare l’articolo e il blog in generale saranno molto graditi.

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