Dopo il tragico armistizio dell’8 settembre 1943, il territorio della penisola si trovò ad essere diviso in due e trasformato in campo di battaglia per i successivi due anni. Gli ormai ex alleati tedeschi, peraltro già presenti in forze in Italia, subito dopo l’annuncio dell’uscita dal conflitto del Regno d’Italia avevano dato il via ai piani già da tempo pronti, in caso di defezione dell’Italia dall’alleanza. Le nostre Forze Armate rimaste senza ordini praticamente collassarono anche se molti decisero di rimanere in armi, chi contro i tedeschi, chi soprattutto reparti della Milizia invece decisero di rimanere a combattere a fianco del camerata germanico.
Si ebbero episodi di resistenza ai reparti tedeschi nella capitale e soprattutto nei Balcani, dove interi reparti passarono armi e bagagli ad ingrossare le fila dei partigiani locali ma in generale in pochi giorni le truppe del Terzo Reich completarono le operazioni di disarmo dei nostri soldati, catturando oltre 600 mila uomini e un notevole bottino di armi ed equipaggiamenti. Nel centro nord il successivo 23 settembre era stata costituita la Repubblica Sociale Italiana che aveva deciso di mantenere fede alla parola data e di continuare la guerra al fianco della Germania mentre al sud, dove si era rifugiato il governo guidato da Badoglio e il Re, le armate alleate, cercavano di risalire la penisola scontrandosi con un accesa resistenza tedesca.
Nei territori della Repubblica Sociale, iniziò ben presto a manifestarsi un movimento di resistenza al governo di Mussolini e dell’occupante germanico, movimento che assunse una certa importanza nei primissimi mesi del 1944, creando allarmismo e preoccupazione sia tra i vertici politici e militari della R.S.I, sia fra le forze germaniche che già ampiamente impegnate a contenere l’avanzata alleata, volevano avere le retrovie sicure. La Guardia Nazionale Repubblicana, dove erano confluiti gli ex Carabinieri Reali, i reparti della Milizia e quelli della Polizia dell’Africa Italiana, di fatto la forza principale in campo contro i partigiani, dimostrò di non essere in grado di risolvere da sola il problema.
Nel marzo 1944 il ministro della Difesa Maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani mise in evidenza alle autorità italo – tedesche questa deficienza della G.N.R. prospettando un intervento diretto dell’Esercito Nazionale Repubblicano. Il generale Archimede Mischi che poco dopo avrebbe assunto la carica di Capo di Stato Maggiore dell’E.N.R. il 18 marzo 1944 ordinò la creazione del Centro Addestramento Reparti Speciali. Con sede a Parma questi reparti si sarebbero specializzati nella sicurezza e nel contrasto alla Resistenza, contando su circa 10 mila uomini strutturati su tre Reggimenti di “Cacciatori degli Appennini”.
Il personale per completare gli organici, doveva essere fornito per il primo reggimento dall’Esercito, con il 1° Btg Granatieri e un 2° Btg Alpini “Cadore, il 2° RGT Cacciatori formato da 3 Btg con personale proveniente dalla Guardia Nazionale Repubblicana, il 3° RGT Cacciatori doveva invece essere costituito con personale fornito dal Partito Fascista Repubblicano e formato da due Btg di fascisti provenienti dalle “Compagnie della Morte” che si erano costituite un po’ dovunque. A grandi linee l’esercito doveva fornire circa 4 mila uomini, mentre i restanti 6 mila che servivano per completare l’organico del C.A.R.S. dovevano essere forniti in egual misura da Guardia Nazionale Repubblicana e Partito Fascista, tutti gli uomini dovevano essere volontari.
Già il 2 aprile, il generale Mischi comunicava al Feldmaresciallo Wilhelm Keitel capo dell’ Oberkommando della Wehrmacht (Alto comando delle forze armate tedesche) di poter disporre di 10.000 uomini per il CARS, ma in realtà questo numero non venne raggiunto. Il comando del CARS fu affidato al Generale Enea Navarrini fino al maggio 1944 e i suoi reparti come ricordato sopra vennero dislocati a Parma e nei dintorni della città emiliana e qui impiegato fino a che, a fine giugno, fu inviato nella zona del Grappa. Infine, nei primi giorni di agosto fu inviato in Piemonte, nella zona delle Langhe, ove rimarrà fino all’ultimo (la resa, con l’onore delle armi, avvenne il 5 maggio 1945).
Ai primi di settembre 1944, il CARS fu sciolto e trasformato in una brigata leggera che assunse il nome di Raggruppamento Cacciatori degli Appennini, con sede nel Castello Pallavicino di Ceva (CN) e con base logistica a Crema (CR). Esso era formato dal 1° Btg Granatieri, dal 2° Btg Alpini “Cadore” e da due Btg. GNR (il 3° e il 4°) più un Gruppo esplorante celere formato da due squadroni di cavalleria, 1 compagnia corazzata, una Compagnia Anticarro, una Batteria mitragliere da 20 mm e 1 Compagnia di Bersaglieri del Mincio. Ne assunse il comando il Colonnello Languasco. I Cacciatori degli Appennini inquadrati con le Divisioni Monte Rosa e San Marco, rimasero in armi anche dopo l’ordine di ripiegamento dalle prime linee alpine occidentali del 24 aprile, mantenendosi integro come reparti fino alla resa del 4 – 7 maggio 1945.
Nell’estate 1944, sempre con la struttura di brigata leggera, venne costituito il Raggruppamento Anti Partigiani (RAP), formato da 4 Btg di Arditi (il 1° erano Bersaglieri e il 2° Alpini), 1 Gruppo di Artiglieria, 1 Gruppo di Cavalleria, 1 Btg. Del Genio e 1 autoreparto, agli ordini del colonnello di Stato Maggiore Alessandro Ruta. Il RAP fu impiegato a Torino e in Piemonte e fu in armi fino ai primi di maggio 1945. Il 23 luglio 1944, i due reparti andarono a formare il “CO.GU.” (Comando Contro Guerriglia) dipendente direttamente dallo Stato Maggiore dell’Esercito, al quale furono aggregati a fine agosto due Reparti Arditi Ufficiali (RAU), ciascuno della consistenza di una compagnia, formati da ufficiali particolarmente selezionati e addestrati.
Grazie per aver letto il nostro post e con la speranza che vogliate continuare a seguirci, Vi diamo appuntamento al prossimo. Mi piace e commenti e/o suggerimenti su come migliorare l’articolo e il blog in generale saranno molto graditi.
Non è stato “tragico” l’armistizio (che era stato cercato anche dal fascismo), ma la conduzione della guerra da parte di Mussolini.
“La parola data” era stata data al Re. Il giuramento delle Forze Armate era al Re, non a Mussolini.
Lo Stato Italiano era il Re.
"Mi piace""Mi piace"
Direi che la gestione dell’armistizio con il re che abbandona la capitale e le forze armate lasciate senza ordini, si possa tranquillamente definire tragica
"Mi piace""Mi piace"