La resistenza italiana a Rodi e la Medaglia d’Oro a Pietro Carboni

Il protagonista del nostro post odierno è il Secondo Capo cannoniere della Regia Marina, grado corrispondente a Sergente Maggiore, Pietro Carboni insignito il 12 aprile 1946 della più alta onorificenza militate italiana la Medaglia d’Oro al Valor Militare, dopo essere stato ucciso sull’isola di Rodi il 20 dicembre 1944 con la lodevole motivazione che qui sotto riportiamo:

«Giovane sottufficiale di elevate virtù militari e morali, pervaso da profondo amor patrio e spirito combattivo, faceva fronte agli avvenimenti successivi all’armistizio organizzando agguerrita e attiva banda di resistenza. Uccisa o dispersa nell’impari lotta la maggior parte dei gregari, non defletteva dalla ferma determinazione di combattere fino all’ultimo contro il nemico che, fra l’altro, aveva posto grossa taglia per la sua cattura. Dopo un anno di proficua attività, resa più difficile e rischiosa dall’incessante caccia cui era sottoposto, scoperto in seguito a delazione ed attaccato di sorpresa da pattuglia armata, ingaggiava da solo epica lotta all’arma bianca riuscendo ad abbattere il capo pattuglia. Colpito a morte da arma da fuoco, suggellava col supremo sacrificio la grande dedizione alla Patria, dando ultima significativa prova di indomito valore.»
— Isola di Rodi, 20 dicembre 1944.

Pietro Carboni nacque a Paulilatino piccolo centro della provincia di Oristano il 7 agosto 1914 e a soli 19 anni il primo dicembre del 1933 si arruolò volontario nella Regia Marina presso il deposito di La Maddalena. Da qui venne inviato alle Scuole Cremm di Pola, da dove una volta concluso il corso di cannoniere puntatore, nel maggio del 1934 raggiunse la sua prima destinazione, quella della Regia nave “Cristoforo Colombo”, unità usata, unitamente alla nave scuola Amerigo Vespucci, per l’addestramento degli allievi ufficiali fino alla fine della seconda guerra mondiale.

Seguirono altre destinazioni prima sulla Regia nave “Zeffiro” e poi sulla torpediniera “Cascino” fino al 1° settembre 1941 quando il giovane sottufficiale sardo arrivò a Rodi, principale isola del Dodecanneso, possedimento italiano dal 1912, a seguito della vittoriosa guerra contro l’Impero Ottomano. Sull’isola Carboni rimarrà in servizio fino al tragico 8 settembre 1943, quando a seguito della proclamazione dell’armistizio fra Regno d’Italia e potenze alleate, le forze armate italiane collassarono e vennero travolte dalla reazione tedesca.

L’ammiraglio di squadra Inigio Campioni governatore dei possedimenti dell’Egeo, come tutti gli ufficiali italiani senza ordini precisi, rimase titubante sul da farsi e così nonostante il rapporto di forza largamente favorevole alle truppe italiane, almeno nei primi giorni seguito all’armistizio, i nostri presidi di Rodi e Scarpanto l’11 settembre 1943, sono costretti a capitolare. La maggior parte delle nostre truppe venne catturata e avviata verso i campi di prigionia tedeschi, alcuni riescono a trovare rifugio in Turchia, pochi fra cui il Secondo Capo Pietro Carboni si dettero alla macchia e organizzarono la resistenza contro le truppe del Terzo Reich.

Dal settembre 1943 al dicembre del 1944, il sottufficiale sardo riescirà ad organizzare una piccola banda per la guerriglia armata. Molte sono le azioni portate a termine con successo dal piccolo gruppo di militari italiani, una sommossa nella zona di Malona, la disattivazione di mine nel settore Cattavia-Apollachia, atti di distruzione all’aeroporto di Calato, incendi di boschi e propaganda attiva tra i militari internati. Addirittura Carboni tenta di costituire un nucleo organizzato più numeroso di sessanta uomini per arrivare alla cattura di tutto lo stato maggiore tedesco di Rodi.

La cosa arriva alle attente orecchie dei Servizi di Sicurezza del Terzo Reich grazie alla delazione di alcune spie e sul militare italiano viene addirittura fissata una taglia di cinquantamila lire. Carboni che perde via via tutti gli uomini al suo fianco, vive nascosto tra le montagne, dorme nelle grotte e si sposta da una località all’altra riuscendo sempre a fare perdere le sue tracce. La sua foto è esposta in tutti i villaggi dell’isola, viene anche catturato dalla Gestapo ma riesce a fuggire e a continuare la sua lotta ormai solitaria.

Alla fine del 1944, stremato e malaticcio, Pietro Carboni decide dopo oltre un anno di guerriglia di cercare di raggiungere e trovare rifugio nella vicina e neutrale Turchia. Per vivere e curarsi ha bisogno di soldi e di un prestito e per questo si rivolge a Costantino Minetto un commerciante di Jannadi centro dell’isola di Rodi, al quale in cambio di diecimila lire in prestito firma una cambiale in bianco che propone di onorare attraverso gli arretrati che deve ricevere dall’amministrazione della marina militare.

Sono passati oltre 14 mesi quando il 20 dicembre 1944 in una caverna nei pressi di Aschiplio, Carboni venne sorpreso nel sonno da una pattuglia tedesca guidata sul posto da un abitante del luogo, tal Demostene Giorgà. Svegliatosi di soprassalto e intuito il pericolo, Carboni assalì il maresciallo tedesco Bruel con il pugnale, ma il greco più svelto, lo uccise con una fucilata, “guadagnandosi” la ricompensa di 50 mila lire che gli verrà corrisposta dal comando germanico. Soltanto il 12 aprile del 1946 il governo italiano, venuto a conoscenza delle eroiche gesta del sottufficiale sardo, conferì alla sua memoria la medaglia d’oro al valor militare.

Grazie per aver letto il nostro post e con la speranza che vogliate continuare a seguirci, Vi diamo appuntamento al prossimo. Mi piace e commenti e/o suggerimenti su come migliorare l’articolo e il blog in generale saranno molto graditi.

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