“i recenti avvenimenti italiani – recitava il messaggio – impongono una immediata soluzione del problema ebraico nei territori recentemente occupati dalle forze armate del Reich”
Con queste parole che non lasciavano spazio a dubbi, Heinrich Himmler ministro dell’interno e comandante delle forze di sicurezza della Germania nazista e teorico della soluzione finale della questione ebraica, il giorno successivo all’occupazione della città eterna, ordinava al suo sottoposto tenente colonnello delle SS, comandante dell’SD e della Gestapo nella capitale, Herbert Kappler che tutti gli ebrei, ivi presenti senza distinzione di nazionalità, età, sesso e condizione, dovranno essere trasferiti in Germania ed ivi liquidati.
Già nel pomeriggio del 26 settembre, Kappler convocava presso il proprio ufficio a Villa Wolkonsky il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ugo Foà, e quello dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Dante Almansi, intimando loro la consegna, entro trentasei ore, di almeno 50 chilogrammi d’oro, minacciando, prima, la deportazione di duecento ebrei romani verso la Germania, poi, di tutta la comunità ebraica. In cambio dell’oro, Kappler promise agli ebrei l’incolumità.
La mattina dopo iniziò la raccolta dell’oro all’interno del Tempio maggiore e nel pomeriggio dello stesso giorno, la Santa Sede, informata del fatto, comunicò in via ufficiosa che avrebbe autorizzato un prestito in lingotti d’oro sino al raggiungimento dei 50 chilogrammi, ma ciò non fu necessario. Nel pomeriggio del 28, i capi della Comunità ebraica romana si presentarono a Villa Wolkonsky per la consegna dell’oro, che pesato nel vicino edificio di Via Tasso 155, risultò di 50,3 chilogrammi. A quel punto l’ufficiale tedesco spedì immediatamente l’oro a Berlino, al capo dell’ufficio centrale per la sicurezza del Reich, generale Ernst Kaltenbrunner, che tuttavia chiese comunque l’estirpazione immediata e completa di tutti gli ebrei italiani.
Prima di procedere con l’operazione i comandi tedeschi pensarono che fosse necessario sgombrare il campo dai Carabinieri Reali, presenti in forze nella capitale e giudicati infidi sia dai fascisti sia dai nazisti. Venne quindi decisa la deportazione dei carabinieri in servizio nella zona della capitale, prima di iniziare le operazioni di rastrellamento del ghetto, operazione che venne condotta il 7 ottobre. Purtroppo se praticamente tutti conoscono la tragica data del 16 ottobre, pochi conoscono l’altrettanto e ancor più tragica data del 7 ottobre 1943, che vide quasi duemilacinquecento carabinieri chiusi nei vagoni piombati prendere la strada dei lager.
Sistemata la questione dei Carabinieri Reali, i comandi di SS e Gestapo si misero al lavoro per predisporre lo sgombero di tutta la popolazione ebraica presente nella capitale e concentrata nel ghetto. Il 14 ottobre Kappler ordinò il saccheggio delle due biblioteche della Comunità ebraica e del Collegio rabbinico e inviò una lettera al comandante del campo di sterminio di Auschwitz, Hoess, informandolo che intorno al 22-23 ottobre avrebbe ricevuto un carico di oltre 1 000 ebrei italiani e di prepararsi a concedere loro il “trattamento speciale”.
Nel 2018, primo anno di vita del nostro blog e in occasione del 75° anniversario della deportazione del ghetto di Roma, che chi volesse può leggere seguendo il link sottostante:
[…] tre anni fa a Roma, moriva a quasi 92 anni Lello Di Segni, ultimo sopravvissuto del rastrellamento del ghetto ebraico di Roma, effettuato il 16 ottobre 1943 dalle truppe germaniche. In quello che venne definito il […]
"Mi piace""Mi piace"