Alla conclusione delle famose Cinque giornate di Milano, l’insurrezione armata avvenuta tra il 18 e il 22 marzo 1848 in quella che era la capitale del Regno Lombardo-Veneto, gli austriaci vennero cacciati e la città venne almeno per il momento liberata dal dominio asburgico. Il giorno successivo alla fine dei combattimenti, il 23 marzo 1848 , il Regno di Sardegna dichiarò guerra all’Impero austriaco e le truppe piemontesi passarono il Ticino dirigendosi verso Milano. Era l’inizio della Prima Guerra di Indipendenza, che si concluderà nel marzo dell’anno successivo dopo la sconfitta delle armi piemontesi nella battaglia di Novara a cui seguirà l’abdicazione di Carlo Alberto in favore del figlio Vittorio Emanuele II.
Il movimento delle truppe piemontesi di Carlo Alberto si svolse molto lentamente, il 25 e il 26 marzo due avanguardie attraversarono il fiume Ticino entrando in territorio nemico, mentre il grosso passò il fiume solo il 29. Lo stesso giorno le truppe sabaude entrarono a Pavia acclamate dal popolo e due giorni dopo, i reparti del generale Michele Bes raggiunsero Brescia. Sempre il 31 il maresciallo austriaco Radetzky riparava a Peschiera, mentre il sovrano piemontese ritenendo di non avere forze sufficienti, decise di non dare battaglia e di proseguire a sud con il grosso dell’esercito verso Cremona, sul Po. Da qui proseguì a est per Marcaria e passò l’Oglio il 7 aprile, giungendo a una ventina di chilometri da Mantova, la fortezza più meridionale del famoso Quadrilatero.
Il giorno successivo 8 aprile 1848, il grosso delle truppe austriache era disposto nel Quadrilatero presso Villafranca, mentre l’esercito piemontese, intanto, si era dispiegato lungo la sponda destra del Mincio. All’alba di quel giorno la 2ª compagnia bersaglieri giunse in prossimità di Goito presidiata da 1200 Schützen tirolesi, che avevano il compito di impedire l’avanzata delle truppe piemontesi dirette verso il Mincio. I bersaglieri attaccarono a colpi di carabina e bersagliati dall’artiglieria austriaca, i piemontesi raggiunsero le fortificazioni di Goito dove si divisero in due colonne.
La prima al comando del capitano Lyons avrebbe attraversato il paese puntando direttamente al ponte, la seconda agli ordini del capitano Muscas avrebbe dovuto prendere alle spalle le truppe austriache impedendone la ritirata. Mentre la colonna del capitano Lyons avanzava faticosamente sotto il fuoco di sbarramento dell’artiglieria austriaca, il colonnello Alessandro La Marmora, il padre dei bersaglieri giunse alla spianata del ponte, qui i cacciatori tirolesi appostati al di là del ponte continuarono a sparare incessantemente, durante i combattimenti lo stesso La Marmora rimase ferito.
Gli austriaci sotto la pressione dei piemontesi e convinti di non poter mantenere il controllo del ponte lo fecero crollare con delle cariche esplosive predisposte prima della battaglia. Non tutto il ponte crollò e questo permise ai “fanti piumati” di passare sull’altra sponda e di catturare diversi soldati nemici e qualche pezzo di artiglieria. La battaglia del Ponte di Goito costrinse le truppe austriache a una rapida ritirata verso le fortezze del Quadrilatero, i piemontesi persero 48 uomini tra morti e feriti, gli austriaci circa un centinaio.
il giorno dopo, più a nord, i piemontesi si impossessarono del ponte di Monzambano e l’11 aprile gli austriaci abbandonarono definitivamente la sponda sinistra del Mincio raccogliendosi presso Verona mentre i piemontesi occupavano Valeggio. Il combattimento dell’8 aprile segnò il battesimo del fuoco per il nuovo corpo dei bersaglieri, istituito da Alessandro La Marmora nel 1836 e che fu l’indubbio protagonista dello scontro. Alla nascita del corpo noi di italiani in guerra abbiamo dedicato un post che chi volesse può leggere seguendo il link sottostante: