27 marzo 1944, la battaglia di Villa Santinelli

Il 19 marzo 1944, la popolazione di Sansepolcro nella Valtiberina insorse per protestare contro il coprifuoco anticipato alle 18 come misura di ritorsione per un aggressione subita da un fascista. Per la verità, più che di una sollevazione antifascista, si era trattato di una reazione spontanea e la sera stessa, forse nell’intento di dare un senso politico a quella ribellione, un gruppo di partigiani appartenenti alla IV Compagnia “Valtiberina” della XXIII Brigata  garibaldina “Pio Borri” improvvisò un’azione di guerriglia

Nel centro cittadino venne attaccata la caserma dei Carabinieri  e si verificò uno scontro con un gruppo di fascisti. Dalla vicina Città di Castello sopraggiunsero ben presto rinforzi fascisti e la banda partigiana si sganciò in ritirata dopo aver sequestrato un autobus delle autolinee Baschetti. Malauguratamente, in Piazza Torre di Berta, l’autista fu colpito da una scarica di mitragliatrice dei militari della R.S.I. e l’autobus dovette essere abbandonato.

Nei giorni successivi forse l’azione stessa, ma più probabilmente la non gradita presenza nella banda del fiorentino, Ermete Nannei, nome di battaglia “Cinque”, al quale venivano attribuiti episodi di banditismo, fecero nascere dei dissapori che convinsero un gruppo di una quindicina di partigiani a staccarsi dalla IV compagnia e a dirigersi verso l’Umbria, in direzione di Spoleto e della Valnerina.

Qui si sarebbero potuti ricongiungere con la “Banda Melis”, del capitano Ernesto Melis. A guidare il gruppo “dissidente” il giovanissimo Eduino Francini, di Sansepolcro ma originario di Massa Carrara, dove era nato il 17 dicembre 1925. Arruolatori in Marina nell’ottobre 1942, dopo l’8 settembre rientrò a Sansepolcro e pochi giorni dopo ottenne dal Comitato provinciale di concentrazione antifascista di Arezzo l’incarico di organizzare una formazione di partigiani nell’Alta Valle del Tevere, di cui, nonostante i soli 17 anni di età, fu nominato comandante.

Nel proprio tragitto, secondo una fonte del tempo, il gruppo assaltò la Fattoria di Trevine in Comune di Monte Santa Maria Tiberina e distribuì vestiario ed altri  generi alle famiglie contadine dei dintorni. Nella notte e nelle primissime ore del giorno dopo i partigiani raggiunsero ed occuparono Villa Santinelli, a San Pietro a Monte tra Città di Castello e Umbertide. Incomprensibilmente anziché proseguire verso l’Umbria, il gruppo decise di rimanere nell’edificio anche il giorno successivo.

La presenza di uomini armati non poteva passare però inosservata ed il gruppo viene segnalato al comando della brigata nera di Città di Castello. Alla mezzanotte del 27 marzo la villa fu circondata da soldati della Repubblica Sociale ed iniziò una sparatoria. Al mattino sopraggiunsero da Perugia rinforzi dotati di armi pesanti al comando dell’ex Seniore della Milizia Armando Rocchi in quel momento capo della provincia di Perugia. Nel duro scontro che ne seguiva si registrarono due morti fra gli assedianti,  un capitano ed un milite fascista.

Di fronte al perdurare dello scontro a fuoco, il Prefetto di Perugia chiedeva, intorno alle 10, l’intervento del comando tedesco della zona, che inviava in soccorso sette autoblinde ed un considerevole numero di soldati della Panzer-Aufklärungs Abteilung 103 affiancati da reparti di paracadutisti: tra tedeschi e fascisti si parlò allora di trecento assedianti. Dopo oltre 18 ore di combattimento, esaurite le munizioni, gli assediati si videro costretti a trattare la resa.

I partigiani che uscirono dalla villa  avevano tutti ferite di varia entità: tre furono di loro furono condotti a Perugia e, a seguito dell’«interrogatorio» che subirono, fu possibile ai fascisti concretizzare l’arresto di alcuni componenti del CLN biturgense. Uno, Lino Mercati, non uscì dalla villa, ma si nascose dentro un tino e non venne individuato; gli altri nove furono allineati davanti al muro della villa e fucilati a raffiche di mitraglia.

Vennero fucilati Giustino Bianchini, 22 anni e Mario Mordaci, 19 anni, di Molin Nuovo (Arezzo); Alvaro Cheli, 19 anni, di Pieve S. Stefano; Spartaco Forconi, 21 anni, di Firenze; Giuseppe Gobbi 32 anni di Sansepolcro; Corrado Luttini, 20 anni, di Arezzo; Giuseppe Magnani, 19 anni, di Arezzo; Donato Sbragi, 20 anni, di Sansepolcro ed Eduino Francini, comandante del gruppo che verrà decorato di Medaglia d’argento al valo militare con la seguente motivazione:

«Comandante di un reparto seriamente impegnato in duro combattimento contro un nemico superiore in forze, resisteva tenacemente, riscuotendo l’ammirazione dei suoi compagni di lotta. Benché ferito rifiutava ogni soccorso continuando a combattere, finché esaurite le munizioni veniva catturato e sottoposto ad estenuante interrogatorio teneva contegno fiero e spavaldo, finché i suoi aguzzini esasperati lo finivano a colpi di mitra. Bellissima figura di combattente della libertà.»
— Villa Santinelli, 27 marzo 1944

Una fossa comune frettolosamente scavata nel cimitero di San Pietro a Monte accolse i corpi martoriati. Uno strano manifesto fascista, ma anonimo, venne affisso sui muri di Sansepolcro e fra i nomi dei fucilati figurava stranamente anche quello di Lino Mercati.

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