Il 15 agosto 1943, si tenne alla Croce di Casalecchio a Bologna uno degli incontri decisivi sulla sorte dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale. Luogo dell’incontro fu la villa “Cà del Bosco” di Luigi Federzoni, ex ministro delle Colonie, poi degli Interni e infine presidente del Senato. Il momento era uno dei più delicati e drammatici nella storia del nostro paese.
Dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia avvenuto il 10 luglio 1943, gli Alleati furono duramente contrastati nei primi giorni di sbarco dalle truppe tedesche stanziate sull’isola e da alcuni reparti italiani, fra cui occorre ricordare la divisione Livorno. La penisola era sotto il costante bombardamento delle forze anglo -americane. Contro ogni previsione il 19 luglio 1943, venne bombardata Roma, azione che colpì in particolar modo il quartiere di San Lorenzo.
L’azione aveva lo scopo di provocare una rivolta contro il Fascismo, era la strategia che gli alleati che miravano a fare crollare il “fronte interno”, Pochi giorni dopo, Mussolini veniva posto il minoranza durante una lunghissima riunione del Gran Consiglio del Fascismo, tenutasi il 25 luglio 1943. Il giorno stesso Mussolini si presentava da Re Vittorio Emanuele III per illustrare i risultati della stessa, ma il Re fece trarre in arresto il Duce e lo destituì dalle cariche di Primo Ministro e Segretario di Stato.
In tutta la penisola la notizia venne interpretata come la fine della guerra, ma non era così. Gli anglo.americani stavano risalendo lentamente la Sicilia e i tedeschi che avevano intuito il tutto erano già presenti in forze. Al posto di Mussolini venne nominato il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio che con un comunicato diffuso lo stesso giorno, smorzò subito gli entusiasmi, mettendo in chiaro che “la guerra continua”:
“Italiani! Per ordine di Sua Maestà il Re e Imperatore assumo il Governo militare del Paese, con pieni poteri. La guerra continua. L’Italia, duramente colpita nelle sue provincie invase, nelle sue città distrutte, mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni. Si serrino le file attorno a Sua Maestà il Re e Imperatore, immagine vivente della Patria, esempio per tutti. La consegna ricevuta è chiara e precisa: sarà scrupolosamente eseguita, e chiunque si illuda di poterne intralciare il normale svolgimento, o tenti turbare l’ordine pubblico, sarà inesorabilmente colpito. Viva l’Italia. Viva il Re”.
Così mentre continuava la guerra in Sicilia e gli aerei alleati continuavano a colpire duramente le popolazioni civili della penisola, il nuovo governo cercava con difficoltà di barcamenarsi tra la fedeltà con l’alleanza germanica e i primi contatti segreti con gli Alleati per tentare di uscire dalla guerra. È in questo stato di massima confusione dove si inserisce l’incontro del 15 agosto 1943 sui colli della Croce, incontro che sarà anche l’ultimo .
Un incontro segreto che si svolse in un clima di reciproca diffidenza fra gli Stati Maggiori di Germania e d’Italia. La delegazione germanica era composta dal Feldmaresciallo Erwin Rommel accompagnato dai Generali Jodl (capo dell’ufficio Comando e Operazioni dell’Oberkommando der Wehrmacht) e Von Rintelen. Quella italiana vede la presenza del Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito il Generale Roatta oltre ai pari grado Rossi, Zanussi e Di Raimondo.
Il burrascoso incontro si volse su tre punti principali:
Gli italiani chiesero di poter richiamare le loro divisioni dalla Francia e dai Balcani per rafforzare le nostre difese in vista di ulteriori sbarchi anglo-americani. I tedeschi acconsentirono ma al tempo stesso si domandarono se essi le volevano impiegare contro gli angloamericani al Sud oppure contro di loro Jodl fa notare che truppe tedesche stavano andando al sud mentre quelle italiane se ne andavano a Nord e cita queste parole a Roatta “ Queste truppe tedesche vedono con stupore il movimento ascendente delle truppe italiane e logicamente nasce una animosità delle truppe delle 2 parti”.
Roatta percepisce la diffidenza tedesca e contrattacca ingenuamente le abili e astute accuse dei tedeschi, pensando di convincerli che l’Italia era ancora una fedelissima alleata e capace di difendersi da sola e il risultato fu esattamente il contrario. Il suo comportamento ambiguo diede praticamente la certezza ai tedeschi che l’Italia stava trattando con gli alleati pertanto fu proprio durante quella riunione che i tedeschi ebbero la conferma di quello che sarebbe avvenuto a di lì a poco, anche se non erano a conoscenza delle trattative armistiziali italiane.
Rommel, fino a quel momento silenzioso e defilato, venne proposto/nominato da Jodl come futuro comandante supremo delle truppe italo-tedesche in Italia. Roatta, contrario a quanto esposto, chiese la possibilità di inserire invece un comandante italiano. I tedeschi chiudono velocemente la discussione rinviando la questione ad un successivo incontro, sapendo che non ci sarebbe mai stato. Il Feldmaresciallo Rommel diventerà il Comandante del Nord Italia.
La riunione si chiuse essenzialmente con un nulla di fatto e quando le delegazioni lasciarono villa Federzoni, gli italiani si resero conto che l’edificio era stato circondato da una intera compagnia di SS, a dimostrazione del clima e del fatto che i tedeschi non si fidassero più degli italiani e tanto meno del Governo Badoglio. E ne avevamo ben ragione in quanto solo tre giorni prima di questo incontro, il 12 agosto, il Generale Castellano era stato inviato da Badoglio a Lisbona per prendere i primi contatti con gli Alleati in vista della resa dell’Italia.
Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.