Con questa frase “perficitur igne” (è reso perfetto dal fuoco), il poeta-soldato Gabriele D’Annunzio volle ricordare nella sua casa-museo il celebre Vittoriale degli Italiani la figura di uno dei primi dieci Assi dell’Aeronautica italiana della Grande Guerra. Il valoroso ufficiale decorato di Medaglia d’Oro è Giovanni “Giannino” Ancillotto, appartenente alla alla ricca famiglia dei conti Ancillotto, proprietari terrieri veneti.
La frase che ricorda un incendio è legata a un impresa compiuta dal pluridecorato pilota di San Dona del Piave compiuta nel 1917, quando Ancillotto iniziò a compiere missioni di caccia libera armato di razzi Le Prieur, contro i palloni frenati austro-ungarici noti come “Drachen” (Draghi), ottenendo numerose vittorie a Ponte di Piave, San Polo di Piave e a Rustignè. Le azioni contro i palloni che nella prima guerra mondiale servivano come osservatorio per l’artiglieria erano considerate molto pericolose, perché si trattava di obiettivi fortemente difesi dalla contraerea e protetti in vari modi.
I Palloni frenati nascono come mezzi militari da osservazione e furono impiegati già nell’Ottocento. Il termine Drachen deriva dalla denominazione tedesca dei primi palloni militari di questo tipo: drachenballon termine usato specificamente per i palloni frenati d’impiego militare, è composto dalla parola ballon, pallone nel senso di aerostato, e drachen, che ha il duplice significato di aquilone e drago. Per azionare un aerostato (ascensione e discesa) occorrevano fino a 85 aerostieri.
Nel periodo intercorso tra il 30 novembre e il 5 dicembre 1917, Ancillotto abbattè ben tre drachen, il primo in località Levada di Ponte di Piave, il secondo a San Polo di Piave, ed il terzo e più famoso di tutti, quello abbattuto a Rustignè di Oderzo. Il “drago” di Rustignè si levava in cielo quasi giornalmente riuscendo a vigilare sulle attività dell’esercito italiano da Zenson di Piave sin oltre San Biagio di Callalta. L’abilità e la velocità con cui veniva manovrato da terra rendeva impossibile ai pezzi d’artiglieria italiani aggiustare il tiro per poterlo colpire.
La mattina del 5 dicembre 1917 come d’abitudine il drago s’alzò in cielo e cominciò a fornire dati precisi alle artiglierie austriache che martellando furiosamente riuscirono a spazzar via alcune nostre colonne motorizzate. I fanti italiani richiesero aiuto e protezione ai loro aviatori che subito si diressero verso Rustignè, ove il drago però fu tratto a terra e nascosto, salvo poi venir fatto nuovamente librare in aria per riprendere il suo compito, e così avvenne più volte arrecando notevoli perdite fra i soldati italiani, finché alla tenacia del drago non fu opposto un uomo ancor più tenace, Giannino Ancillotto.
In quel, giorno che lo consegnò alla Storia il pilota veneto si lanciò in picchiata contro il “Drache” austro-ungarico, perforandolo. Il mezzo d’osservazione esplose e l’aviatore ne attraversò la nuvola di idrogeno incendiata uscendo miracolosamente indenne. Per questa impresa venne decorato con la medaglia d’oro al valor militare, il che gli procurò la celebrità nazionale, tanto che Achille Beltrame lo raffigurò in una delle sue celebri copertine della Domenica del Corriere nell’atto di distruggere l’aerostato.
Il 3 marzo del 1918 per l’impresa gli venne conferita la Medaglia d’oro con la seguente motivazione:
«Pilota da caccia di ammirevole slancio, dal 30 novembre al 5 dicembre 1917, in una serie di attacchi audacissimi incendiava tre palloni nemici e ne stringeva altri a cessare dalle loro osservazioni. In una speciale circostanza, assaliva l’avversario con tale impeto da attraversare l’aerostato in fiamme, riportando sul proprio velivolo, gravemente danneggiato, lembi dell’involucro lacerato. Cielo del Piave, 30 novembre – 5 dicembre 1917»
Nel tentativo di intercettare i velivoli austro-ungarici che col favore delle tenebre andavano a bombardare le retrovie della Terza Armata, vennero effettuate da parte dei piloti della 77ª squadriglia di stanza a Marcon numerose missioni di caccia notturna. A partire dal 2 febbraio 1918, i cacciatori italiani, tra i quali emergeva Ancillotto, si alzarono ripetutamente in volo tentando di intercettare gli apparecchi avversari.
L’asso italiano tentò più volte di impegnare il nemico assieme agli altri piloti della squadriglia, ma senza esito. Il Comando Aeronautica della Terza Armata commentò comunque favorevolmente l’aggressività dei piloti di Marcon, lodandone l’operato. Nella notte tra il 23 e il 24 luglio Ancillotto decollò in gran fretta su allarme per intercettare alcuni bombardieri austriaci diretti verso Marcon. I velivoli, appartenenti alla Fliegerkompanie 101/G, riuscirono a colpire pesantemente gli hangar, causando la perdita di alcuni velivoli italiani.
Salito alla quota di circa 800 metri, Ancillotto individuò un primo bombardiere austriaco Brandenburg C. 1 illuminato dal fascio di un riflettore e lo abbattè pochi secondi dopo, facendolo precipitare nel fiume Sile presso Trepalade. Mentre rientrava verso il campo, vide del fuoco antiaereo in direzione di Casale sul Sile e decise di incrociare in quella zona. Riuscì così ad intercettare e quindi a colpire con le mitragliatrici del suo SPAD un secondo Brandeburg C. 1 nelle vicinanze di S. Elena di Silea.
Come era d’uso tra i piloti, Ancillotto volle tenere per se una delle mitragliatrici del velivolo abbattuto, ma per questo ricevette una reprimenda ed una punizione dai suoi superiori. Dopo il doppio colpo in notturna, l’ufficiale scoprì che la villa della sua famiglia era diventata base di un comando e di un osservatorio nemico. Dopo che fu dato l’ordine di distruggerli, Ancillotto volle essere egli stesso ad eseguire la missione, bombardando a bassa quota la sua abitazione.
Molte delle vittorie conseguite da Ancillotto avvennero a bordo del caccia biplano Nieuport 11, ma volò anche su un altro celebre biplano della casa transalpina il Neuport 17 che nella foto sottostante vediamo con la coccarda della “Stella d’Italia”. Conosciuta popolarmente come Stellone, è una stella bianca a cinque punte che da molti secoli rappresenta la terra italiana. È il più antico simbolo patrio, risalente all’antica Grecia quando Venere, associata all’Occidente come stella della sera, venne assunta ad identificare la penisola italiana.
Da un punto di vista allegorico, la Stella d’Italia rappresenta metaforicamente il fulgido destino dell’Italia. Nei primi anni del XVI secolo cominciò a essere associata con frequenza all’Italia turrita, personificazione nazionale allegorica della penisola italiana. La Stella d’Italia viene rievocata anche dall’emblema della Repubblica Italiana, dov’è sovrapposta a una ruota dentata d’acciaio, il tutto contornato da un ramo di quercia e da uno di ulivo.
Tornando all’argomento del nostro post odierno, al termine della “Grande Guerra” al pilota nato come detto a San Dona’ di Piave il 15 novembre del 1896, arruolatosi nel Corpo aeronautico militare quattro mesi dopo l’inizio della prima guerra mondiale, dimostrando subito eccezionali capacità come pilota furono confermati 11 abbattimenti, entrando quindi nel novero dei dieci principali assi dell’aviazione italiana. La prima vittoria data 26 ottobre 1917, l’ultima 27 ottobre 1918.
L’11 settembre 1919 Ancillotto effettuò il raid Roma-Varsavia partendo dall’aeroporto di Roma-Centocelle con un biplano S.V.A. 5 Ansaldo. Al pilota fu affidato il compito di consegnare un dispaccio ufficiale al presidente della neonata repubblica polacca, Ignacy Jan Paderewski. Il tragitto durò sette ore; durante le quali vennero coperti oltre mille chilometri senza intermedie.
Il 12 settembre Gabriele D’Annunzio entrò a Fiume; Ancillotto lo raggiunse, partecipando all’impresa e diventando legionario. La sua permanenza a Fiume durò per oltre un anno, successivamente Ancillotto si recò in America Meridionale, dove operò per diffondere l’industria aeronautica nazionale. Il 2 maggio 1921, pilotando un Ansaldo A.1, compì l’atterraggio alla più alta quota sino ad allora mai raggiunta (4.330 metri), nella città peruviana di Cerro de Pasco. A seguito di quest’impresa arrivarono copiose medaglie e riconoscimenti come il titolo onorifico di “Grande Aviatore Mondiale”.
Giovanni Ancilotto dopo essere passato indenne in decine di combattimenti aerei, perì in un in un incidente automobilistico a Caravaggio (BG) il 18 ottobre 1924. mentre si recava ad un raduno di medaglie d’oro. La salma fu sepolta nel cimitero della sua città natale, San Donà di Piave, dove il nostro eroe era nato il 15 novembre 1896 .
Il fascismo, che aveva fatto propri gli eroi della Grande Guerra, decise di innalzare al pilota un monumento grandioso: venne promossa una sottoscrizione nazionale, alla quale contribuì in maniera cospicua il governo peruviano (30.000 lire su un costo totale di 52.000). Giannino Ancillotto come abbiamo ricordato sopra si era distinto fra le altre cose per essere stato il primo aeronauta a sorvolare le Ande peruviane.
Il luogo deputato per costruire il monumento nota a San Donà come la “pitona” (accovacciata) fu individuato nella piazza Indipendenza della cittadina veneta che oltre a a essere la città natale dell’eroe era la città dove si tenne il grande congresso delle bonifiche, svoltosi prima che avvenisse la marcia su Roma del 28 ottobre del 1922, che culminò con l’incarico a Primo Ministro di Benito Mussolini.
Progettò l’opera l’architetto Pietro Lombardi e lo fece secondo la retorica ampollosa e magniloquente di quegli anni e cosi anche San Donà ebbe così il suo monumento futurista, realizzato dallo scultore Valerio Brocchi. Il monumento evocava la sagoma di un aereo, immagine però percepibile con chiarezza solo attraverso una visione zenitale. Frontalmente apparivano le due ali dell’aereo, caratterizzate da robuste fiamme e profili di aquile ad altorilievo, con andamento simmetrico e convergente.
Al centro era posta una colonna in granito, che fungeva da asse di simmetria, proveniente dall’Antiquarium di Roma e dono del governatore Boncompagni Ludovisi. L’opera era completata da due rilievi in bronzo che raffiguravano rispettivamente un ritratto di Giannino Ancillotto e l’impresa dell’abbattimento del drachen di Rustignè (da cui il motto dannunziano “perficitur igne”: è reso perfetto dal fuoco). Due corone di bronzo completavano la decorazione del monumento.
Vista dal basso però, dal piano stradale, cioè da dove tutti la vedono, la scultura ricorda una grande gallina (“pitona”) accovacciata; soprattutto il fascio littorio appoggiato alla colonna ricorda il bargiglio della “pitona”; onde vien facile ribattezzarla così in spregio alle intenzioni dell’autore e al regime. Il monumento venne inaugurato il 15 novembre 1931 alla presenza del ministro dell’aviazione Italo Balbo e e del segretario del Partito Nazionale Fascista Giovanni Giuriati.
Inoltre ad Ancillotto fu dedicato inizialmente l’aeroporto di Treviso (attualmente intitolato ad Antonio Canova), inaugurato il giorno 21 settembre 1938 da Benito Mussolini. Gli sono state inoltre intitolate vie in diverse città italiane, tra cui Roma, Mestre, Marcon e la sua città natale. Il portale web dell’Aeronautica Militare ha proposto una pagina, intitolata “I grandi aviatori“, dove vengono citate le maggiori personalità storiche dell’aviazione italiana, ponendo Ancillotto tra di esse.
Grazie per aver letto il nostro post e con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.
[…] «In memoria dell’ala incombustibile di Giovanni Ancillotto. Perficitur Igne» […]
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