Modena 26 maggio 1831, viene impiccato il patriota Ciro Menotti

Il post odierno, è dedicato alla figura di un patriota italiano, Ciro Menotti. Egli nasce nato a Migliarina di Carpi, il 23 gennaio 1798. Affiliato alla Carboneria già dal 1817, maturò fin da giovane forti sentimenti democratici e patriottici, che lo portarono a rifiutare la dominazione austriaca in Italia. Ricordiamo che egli risiedeva in un territorio sotto il controllo del Ducato di Modena e Reggio sotto il controllo dell’Impero asburgico.

Il Ducato in quei giorni era governato dal duca Francesco IV d’Asburgo-Este, arciduca d’Austria e marito di Maria Beatrice di Savoia, figlia primogenita di Vittorio Emanuele I, re di Sardegna. Egli reputava il suo possedimento troppo piccolo ed essendo molto ambizioso, aveva continui rapporti diplomatici con i diversi stati europei e manteneva una corte sfarzosa come fosse un grande sovrano. Era inoltre molto interessato ai movimenti rivoluzionari che agitavano la penisola, da un lato temendoli e agendo duramente contro di loro, dall’altro lusingandoli nella speranza di potere sfruttare la loro azione a vantaggio dei propri interessi personali.

In quegli anni egli era particolarmente interessato alla questione della successione sabauda. A Vittorio Emanuele I successe, tuttavia, il fratello Carlo Felice e venne nominato erede Carlo Alberto, del ramo cadetto dei Savoia-Carignano. L’Arciduca non riesce a trarre beneficio dalla successione al trono e si rende conto di non avere chance, nonostante i legami di parentela, per succedere al trono di Sardegna.

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Dipinto di A. Malatesta raffigurante Ciro Menotti. conservato presso il Museo del Risorgimento di Torino

Dopo aver inquadrato brevemente il contesto storico, arriviamo finalmente a trattare la figura del giovane patriota Ciro Menotti. Dal 1820 egli tenne frequenti contatti con i circoli liberali francesi e con gli esuli democratici italiani, con l’obiettivo di liberare il Ducato di Modena e Reggio dalla dominazione dell’Impero Austro-ungarico. Nel 1821 diffuse tra le truppe ungheresi di passaggio a Modena e dirette a Napoli un proclama in latino che esaltava gli ideali di fratellanza tra i popoli e di patriottismo e che questo venne arrestato.

Negli anni successivi Menotti si convinse, sostenuto in questo dalle idee dell’avvocato modenese Enrico Misley, di poter coinvolgere nella causa patriottica il duca Francesco IV, molto ambizioso politicamente e sensibile al richiamo di chi voleva fare di lui un re costituzionale. Con il suo tramite entrò in contatto con il duca, che in un primo momento mostrò caute simpatie verso i liberali e sembra aderire alla causa di Menotti,  soprattutto nella speranza che se la sollevazione avrebbe avuto successo, la sua figura di sovrano liberale avrebbe portato ad ampliare i suoi possedimenti.

I movimenti però non sfuggono alla sempre attenta polizia austriaca e l’arciduca temendo di essere scoperto si tira indietro. Menottti però ormai convinto di avere l’appoggio di una figura così di spicco decise che era giunto il momento di agire e di stringere le fila dei cospiratori nelle regioni vicine. Si diede da fare, organizzò e comprò armi, e quando gli sembrò che tutto fosse pronto, radunò nella sua casa di Modena, che si trova a pochi passi da Palazzo Ducale, i capi dell’insurrezione per gli accordi definitivi.

Assalto alla casa di Ciro Menotti

E’ la tragica sera del 3 febbraio 1831, l’arciduca ha ormai cambiato campo e la casa viene circondata dalla polizia asburgica. Ne segue un conflitto a fuoco, molti uomini che hanno preso parte alla cospirazione riescono a fuggire e a mettersi in salvo, mentre altri come Ciro Menotti no. Viene quindi arrestato ma nonostante questo la miccia è ormai accesa e  innumerevoli sollevazioni scoppiano a Bologna e in tutta l’Emilia Romagna.

L’arciduca decide di lasciare Modena e di partire per Mantova, portando con sé il prigioniero.  Trascorso un mese i due fanno rientro a Modena dove si svolgerà il processo contro i cospiratori. Durante la prigionia Menotti scrive una drammatica e commovente lettera alla moglie e ai suoi figli, in cui dice loro di essere in procinto di morire per una causa superiore, ovvero la liberazione della sua regione dal dominatore straniero:

La delusione, che mi conduce a morire, farà aborrire per sempre gl’Italiani da ogni influenza straniera nei loro interessi, e li avvertirà a non fidarsi che nel soccorso del loro braccio.

Prima di essere condannato consegna a uno dei padri confessori, che si trova in carcere per sostenerlo prima dell’esecuzione, la lettera che avrebbe dovuto consegnare alla moglie. Questa lettera in realtà arriverà a destinazione soltanto nel 1848, poiché viene sequestrata al confessore dalle autorità ivi presenti. Ciro Menotti muore per impiccagione su uno dei bastioni della cittadella, il 26 maggio 1831 all’età di 33 anni, insieme con Vincenzo Borelli.

Nel 1848, la famiglia e gli amici riesumarono le ossa per dargli più degna sepoltura. Nel 1861, i resti furono traslati nel piccolo cimitero di Spezzano di Modena, la terra della Moreali, moglie di Menotti e dove fu sepolta tutta la famiglia. Finalmente nel 1929, ad opera d’un comitato cittadino, i resti di Ciro e dei suoi furono deposti in una decorosa sepoltura nell’attigua chiesa. In memoria di Menotti e di Borelli la Giovine Italia fece coniare nel 1831 una medaglia commemorativa e nel 1881 Modena gli dedicò una statua, con largo contributo del patriota Antonio Morandi.

Momumento a Menotti.jpg

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