“Affrontati, da solo, undici apparecchi nemici abbattutone uno, messi in fuga gli altri – Cielo dei Piave 29 marzo 1918“.
Queste furono le parole che il carabiniere aviatore Ernesto Cabruna annotò sul modulo per la relazione del volo effettuato quello stesso giorno. L’azione di guerra, la sua più famosa, si svolse appunto sui cieli di Ponte di Piave il 29 marzo 1918, ad essa la Domenica del Corriere, qualche mese dopo dedicò una delle sue famose copertine, quella in edicola l’8 settembre 1918, uscita con la copertina a colori con il disegno di Achille Beltrame, intitolata “1 contro 11”.
Ma chi era Ernesto Cabruna, che come abbiamo visto era un carabiniere ma anche e soprattutto un aviatore, uno dei primi temerari che si innamorarono dell’arma aerea. Nato a Tortona, nell’attuale provincia di Alessandria, il 2 giugno 1889, a 18 anni entrò nella Legione Allievi Carabinieri di Roma. La prima missione lo vide nel 1908 impegnato a Bagnara nei soccorsi ai terremotati con umana ed integerrima condotta terremoto di Messina e nello stesso anno venne promosso vice brigadiere. Volontario durante la guerra italo-turca, nel maggio 1912 fece parte di un contingente che occupò le isole di Rodi e Coo.
Successivamente, divenuto brigadiere, fu nominato comandante della stazione dei carabinieri di Salbertrand, in Piemonte. Si arriva così all’inizio della “Grande Guerra” e Cabruna chiede ed ottiene, nell’ottobre 1915, di essere inviato in prima linea, sull’Altopiano di Asiago nella 10ª Compagnia Carabinieri Mobilitata. Per l’impavida opera di soccorso prestata ai feriti nel corso dei bombardamenti austro-ungarici nella battaglia degli Altipiani, nel maggio 1916, ottenne una medaglia di bronzo al valor militare.
Nello stesse mese, avvenne la svolta che lo porterà alla ribalda nazionale. Cabruna chiese di diventare pilota e il 12 luglio fu assegnato al Deposito dell’aeronautica di Torino dove nell’autunno del 1916 ottenne il brevetto. Il 10 novembre venne inviato in zona di guerra ai comandi di un biplano Farman MF.11 nella 29ª Squadriglia, impegnata in missioni di ricognizione. Nel giugno 1917 il neo-promosso maresciallo Cabruna ritornò al Deposito di Torino, conseguendo l’idoneità di pilota da caccia per i biplani Nieuport.
Si arriva così al combattimento sopra descritto quello del 29 marzo 1918 con Cabruna in forza alla 77ª Squadriglia e alla guida di un velivolo Spad VII. L’azione che abbiamo descritto ad inizio post, gli fece ottenere, il 4 aprile successivo, la promozione per meriti di guerra a sottotenente avuta, per suo espresso desiderio, in commutazione della Medaglia d’Oro al V.M. Il Bollettino ufficiale del Comando Supremo dei 25 giugno 1918 riporta la motivazione:
“Avvistato e raggiunto, da solo, nel cielo di Conegliano un apparecchio nemico scortato da dieci caccia, fra i quali tre rossi, che si ritiene siano montati dai migliori “Assi” austro-germanici, rinunciò di darsi colà all’avventura pazza di affrontarli, cosa che però fece non appena li vide decisi a volgersi in territorio nostro, dando con sublime temerarietà combattimento, sempre da solo, a tutti undici, riuscendo, mercé abilissime manovre, ad isolare il rosso “capo pattuglia” e scompigliare e disperdere i rimanenti dieci, che, tutti alla spicciolata fuggirono planando in loro territorio rinunciando definitivamente ad effettuare la ricognizione o il bombardamento“.
Il 26 settembre dello stesso anno, decollato da Marcon, presso Mestre,su di un aereo modello Balilla, per una ricognizione, ebbe un incidente a Castenedolo mentre era già in fase di atterraggio. Accecato dall’olio bollente fuoriuscito da una tubazione rotta, perse il controllo dell’aereo che al contatto con il terreno si capovolse. Cabruna riportò una grave commozione cerebrale, la frattura della clavicola destra ed escoriazioni in più parti del corpo.
Curato all’ospedale militare di Brescia, tornò alla sua squadriglia ancora convalescente e già il 31 ottobre distrusse due aerei austro-ungarici sorpresi ancora a terra in fase di decollo ad Aiello. Durante il conflitto, inquadrato in diverse squadriglie (29ª, 84ª Squadriglia, 80ª Squadriglia Caccia e 77ª Squadriglia Aeroplani), ottenne otto vittorie aeree in novecento ore di voli di guerra, più due ulteriori velivoli distrutti al suolo ed un pallone di osservazione Draken abbattuto.
Nel corso della “Grande Guerra” venne decorato con una medaglia di bronzo, due medaglie d’argento al valor militare e una croce al merito di guerra, quest’ultima concessagli dopo la distruzione a terra dei due velivoli nemici. Nel dopoguerra, fu uno stretto collaboratore di Gabriele D’Annunzio, che raggiunse a Fiume nel 1919 e qui lo rappresentò dopo il “Natale di sangue”. Per la sua fede indiscussa gli venne conferita da D’Annunzio la Medaglia d’Oro della Marcia di Ronchi la cui motivazione termina con queste parole
“Infine diede compimento all’impresa che gli avevo affidato conducendo l’azione del 3 marzo 1922, come Capo del Consiglio Militare, e secondando così quella Annessione che pur dovrà essere allargata per tutte le Alpi Bebie e le Dinariche”.
Pur essendosi dimesso dall’Arma dei Carabinieri Reali per partecipare all’impresa fiumana, dopo l’annessione di Fiume all’Italia venne reintegrato nell’Arma dei Carabinieri per poi passare con il grado di capitano della Regia Aeronautica e per le sue gesta, il 24 maggio 1924 gli venne conferita, in commutazione della seconda medaglia d’argento, la medaglia d’oro al valor militare, con la seguente motivazione:
«Magnifico asso cacciatore dell’aviazione, nella perfetta esecuzione di ordini come in arditissime iniziative, in combattimenti sostenuti e vinti con incredibile audacia anche da solo contro numero stragrande di temuti e ben agguerriti avversari, spesso in stato cagionevole di salute, prodigò in ogni circostanza di guerra la sua meravigliosa instancabile attività, con tempra di romano eroismo. Nell’ultima grande offensiva, cui volle ad ogni costo partecipare, uscendo dall’ospedale ove era degente per ferita, pur avendo il braccio destro ancora immobile e dolorante e perciò trovandosi in condizioni di assoluta inferiorità, con inarrivabile tenacia di volere ed animosità, attaccava, in lontano campo di aviazione, vari apparecchi nemici pronti a partire e ne incendiava due. In altra occasione si slanciava in mezzo ad un gruppo di trenta apparecchi nemici, abbattendone uno ed ostacolando agli altri il raggiungimento del loro obiettivo, essendo per lui la superiorità numerica del nemico stimolo ad ingaggiare la lotta. Nelle più varie e difficili circostanze, dall’inizio alla fine della guerra, compiendo in complesso oltre 900 ore di volo, senza esitare di fronte alle più audaci imprese, rese alla Patria grandi e segnalati servizi.
Aiello, ottobre 1917; cielo del Piave, giugno, luglio, novembre 1918.»
— 24 maggio 1924
In condizioni di salute non buone, poiché malato di cuore, in seguito alla eccezionale attività di servizio da lui espletata, venne collocato a riposo nel 1932. Durante la seconda guerra mondiale ebbe rapporti con la Resistenza e venne ricercato dalla polizia. Nel dopoguerra in qualità dj Commissario dell’ Associazione Mutilati d’Italia compì importanti missioni. Il 4 novembre 1945, a Parigi, rese omaggio al Milite Ignoto accompagnato all’Arco di trionfo dai rappresentanti dei mutilati, combattenti e partigiani francesi.
Ottenne dal Governo di Belgrado (febbraio 1946) di inviare una delegazione in Jugoslavia per trattare il ritorno dei prigionieri italiani e nel corso della sua leggendaria vita scrisse anche due libri: FIUME 10 gennaio 1921-23 marzo 1922 e Un italiano in Russia, raccolta di note fatta durante un viaggio personale attraverso la Grecia, la Turchia e la Russia, avvenuto nel 1935.
Si spense in silenzio a Rapallo il 9 gennaio 1960 e qui venne sepolto per sua espressa volontà. Le sue spoglie, alcuni anni dopo, vennero traslate a Gardone Riviera, nel mausoleo di D’Annunzio al Vittoriale dove è anche conservata la medaglia d’oro a lui assegnata. A proposito dell’asso dell’aviazione italiana cosi ebbe a dire lo stesso poeta e soldato:
«E il nostro eroe, quale altro nome dare a un tale uomo? Continua ad essere il solitario cacciatore, che non conta i suoi avversari, pronto a battersi con intere squadriglie»

L’Amministrazione comunale di Ponte di Piave, di cui Ernesto Cabruna è cittadino onorario dal 1926 in seguito all’azione qui descritta, nel novembre 2016 ha inaugurato un vialetto ed un Monumento al Ten. Pilota tortonese e nel novembre del 2017 ne ha voluto ricordare le eroiche gesta con la collocazione di una stele, alla presenza della nipote, Prof.ssa Matilde Bassi. A lui sono anche intitolate le sedi della Compagnia Carabinieri di Tortona (Al) e della Stazione di Marcon (Ve). Il suo SPAD S.VII è conservato presso il Museo storico dell’ Aeronautica Militare.
Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post e con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.