Nel precedente post abbiamo visto come dopo aver occupato la sperduta località di Sidi el Barrani, circa 100 km a est del confine italo-egiziano le forze italiane comandante dal maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani si fossero trincerate nella zona in attesa di riprendere l’offensiva verso Alessandria d’Egitto. Ricordiamo che a quei giorni Graziani ricopriva sia la carica di Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito che quella di Governatore generale della Libia italiana e di conseguenza quella di Comandante Superiore delle Forze Armate italiana in Africa settentrionale.
Le truppe italiane vennero dislocate in campi fortificati che tuttavia erano molto separati e non tatticamente collegati tra di loro. La prima linea difensiva era organizzata intorno alle colline nei pressi della località di Nibeiwa, circa 20 km a sud di Sidi Barrani. Il campo fortificato era costituito da un rettangolo di circa un chilometro per due, circondato da muri, un fossato anticarro e un campo minato; il campo minato, tuttavia era incompleto sul retro del rettangolo, anche per permettere un più rapido accesso dei rifornimenti, circostanza prontamente notata dai reparti esploranti britannici.
A presidio del campo trincerato di Nibeiwa era schierato il Raggruppamento Sahariano “Maletti” dal nome del suo comandante, generale Pietro Maletti, unità motorizzata costituita da cinque battaglioni di fanti libici trasportati su autocarri, un battaglione con 23 carri medi M11/39 e alcune batterie di artiglieria. L’unità sopra citata, faceva parte del Corpo d’armata libico del generale Sebastiano Gallina.

Visto l’immobilismo delle forze italiane, i comandi inglesi avevano deciso di anticipare le mosse del nemico ed organizzare un’incursione in forze contro le avanguardie dello schieramento italiano, con la speranza di scompaginarle abbastanza da permettere la rioccupazione di Sidi Barrani. Venne cosi’ concepita l’operazione Compass, che doveva scattare la mattina del 9 dicembre del 1940.
Il piano prevedeva di tagliare la principale via di rifornimento italiana, la strada Buq Buq-Sidi Barrani, con i carri della 7ª Divisione Corazzata, mentre la 4ª Divisione di Fanteria indiana, dopo una lunga marcia di aggiramento in pieno deserto, sarebbe piombata sul fianco italiano, attaccando frontalmente i campi fortificati. L’11ª Brigata di Fanteria indiana composta da un battaglione britannico e due indiani avrebbe attaccato il campo di Nibeiwa con l’appoggio di 47 carri medi Mk II Matilda del 7° Royal Tank Regiment.
Dopo un giorno di marcia nel deserto, le truppe anglo-indiane giunsero in vista del campo di Nibeiwa la mattina del 9 dicembre, nel frattempo alle 05,00 era cominciato un bombardamento diversivo dell’artiglieria britannica, che sparava da est per confondere gli italiani circa la direzione dell’attacco. Dopo aver inquadrato i bersagli, alle 7:15 l’artiglieria della 4ª Divisione indiana iniziò un violento bombardamento sulle posizioni tenute dalle nostre truppe.
Alle 7:45 iniziò l’attacco delle fanterie anglo-indiane, supportate dai Matilda, contro l’angolo nord-ovest del campo; i 23 carri medi M11/39 italiani che stazionavano in questa posizione, fuori dal muro perimetrale, vennero rapidamente travolti con la conseguente distruzione di 15 mezzi e la cattura dei restanti. I carristi italiani erano stati colti mentre stavano riscaldando i motori dei loro mezzi, e non ebbero in pratica il tempo per opporsi all’attacco; in ogni caso, i cannoni da 37 mm dei loro carri non erano in grado di perforare la pesante corazza frontale dei Matilda britannici.

Lo scontro a quel punto si trasferì quindi all’interno del campo, dove i reparti italo-libici si batterono accanitamente; lo stesso generale Maletti cadde in combattimento, mentre ancora in pigiama sparava con una mitragliatrice contro i carri britannici. Intorno alle 8:30 la resistenza organizzata ebbe termine, anche se ai britannici occorsero ancora due ore per rastrellare l’intero perimetro del campo.
Il Raggruppamento “Maletti” venne praticamente spazzato via, con la perdita di 800 soldati uccisi, 1 300 feriti e 2 000 presi prigionieri. Le perdite britanniche furono invece molto più leggere, per un totale di 56 vittime. Il cedimento del campo fortificato di Nibeiwa aprì un vasto squarcio nella linea difensiva italiana, permettendo così ai restanti reparti della 4ª Divisione indiana di dilagare alle spalle dei capisaldi italiani. Grazie per aver letto il nostro post e con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.
[…] di cui faceva parte il suo battaglione, fu pesantemente investito dall’attacco inglese al campo trincerato di Nibeiwa e dopo valorosa resistenza, venne praticamente annientato. Egli rimase più volte ferito finché […]
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[…] la violenta prima battaglia nel campo trincerato di Nibeiwa le truppe britanniche, potentemente meccanizzate e corazzate continuarono ad incalzare le lente e […]
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[…] la battaglia del campo trincerato di el-Nibeua durante la quale il Raggruppamento “Maletti” venne praticamente spazzato via, con la […]
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[…] all’offensiva il 9 dicembre 1940 lanciando l’operazione “Compass” e dopo il duro scontro nel campo trincerato di Nibeiwa lo stesso giorno dell’inizio dell’offensiva, erano avanzati, travolgendo le lente e […]
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[…] critica. Gli inglesi avevano lanciato la controffensiva denominata operazione Compass e dopo la dura battaglia del campo trincerato di Nibeiwa, avevano ripreso Sidi Barrani e le loro esigue, ma altamente meccanizzate e corazzate forze […]
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[…] erano passati all’offensiva il 9 dicembre 1940, lanciando l’operazione “Compass” e dopo il duro scontro nel campo trincerato di Nibeiwa lo stesso giorno dell’inizio dell’offensiva, erano avanzati, travolgendo le lente e numerose […]
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Conobbi nel ‘70 uno dei protagonisti di quella battaglia, il sergente Giustardi ( classe 1915),medaglia d’ argento per meriti acquisiti in quei fatti.Raccontava dell’ insufficienza degli sbarramenti preapprestati, che si avrebbe avuto tutto il tempo di organizzare,migliorare e soprattutto razionalizzare.Fu infatti quella la chiave del successo inglese.
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