Le tre medaglie d’oro di Antonio Locatelli

Il maggiore pilota Antonio Locatelli è l’unico militare italiano decorato con tre Medaglie d’Oro al Valor Militare, l’ultima delle quali alla memoria. Sul suo petto, oltre a due medaglie d’oro, nel momento della sua morte risultavano appuntate anche tre medaglie d’argento. Una medaglia d’oro gli venne assegnata durante la campagna d’Etipia le altre quattro tute durante la prima guerra mondiale.

Antonio LocatelliEgli nasce il 19 aprile 1895 a Bergamo, nel 1913 prende il diploma di “capotecnico” (perito industriale) all’Istituto industriale “P. Paleocapa” di Bergamo e inizia subito a lavorare a Genova all‘Ansaldo, dove in breve tempo diventa “direttore dei controlli e sorvegliante dei reparti di fucinatura”.

Chiamato alle armi nel gennaio 1915, diventa pilota scegliendo la specialità aerea della ricognizione dove grazie al suo eccezionale senso dell’orientamento e con l’ausilio di fotografia e disegno, discipline di cui inizia ad avere una certa competenza, riesce a compiere sorvoli audaci e importanti per la difesa delle truppe italiane al fronte e le sue imprese lo rendono celebre quale “eroe” della Grande Guerra.

Locatelli il 7 ottobre vola nella 6ª Squadriglia da ricognizione e combattimento che il 15 aprile 1916 diventa 30ª Squadriglia. Nel febbraio 1916 è Sergente ed nell’aprile 1916 Sottotenente. Dal marzo 1917 passa alla 24ª Squadriglia di Cavazzo Carnico su Savoia-Pomilio SP.2 e dal 25 luglio il Tenente Locatelli passa alla 36ª Squadriglia Savoia Pomilio di Oleis di Manzano.

Dal 2 febbraio 1918 passa alla 87ª Squadriglia aeroplani dove il 9 agosto del 1918 partecipa al volo su Vienna con Gabriele D’Annunzio che lo definisce “il mio leone di guardia”. Un volo di quasi 8 ore. In quell’occasione scatta le fotografie che ritraggono la città di Vienna dall’alto invasa dai manifestini con i proclami di D’Annunzio ai viennesi.

Abbattuto e fatto prigioniero nel settembre 1918 nella 1ª Squadriglia navale S.A., grazie alla padronanza della lingua tedesca e travestito da soldato austriaco, riesce con una rocambolesca fuga a riguadagnare il suolo italiano. Dall’esperienza trae l’ispirazione per il romanzo autobiografico “Le ali del prigioniero“ pubblicato, con gli auspici di Gabriele D‘Annunzio, dall’editore Treves di Milano nel 1924.

Alla fine della guerra riceve la prima medaglia d’oro al valor militare. Nel gennaio 1919 membro di una Missione militare italiana per la promozione aeronautica dell’Italia, si imbarca per l’Argentina. Dopo varie esibizioni con i suoi compagni decide di intraprendere la traversata delle Ande nel punto più alto.

Ansaldo A1 Balilla donato a Locatelli e da questi alla Città di Bergamo
Ansaldo A1 Balilla donato a Locatelli e da questi alla Città di Bergamo

Il 30 luglio parte da Buenos Aires, dopo aver sorvolato la Cordigliera delle Ande a quasi 7000 metri di quota passando accanto al Cerro dell’Aconcagua, supera lo spartiacque e atterra a Viña del Mar, in Cile. Si tratta della prima trasvolata aerea delle Ande (con annesso servizio postale) che poi ripete dal Pacifico all’Atlantico, da Santiago a Buenos Aires, in una sola tappa.

Congedato nel marzo 1920, nel gennaio del 1923 parte per effettuare quello che definisce “il mio viaggio di istruzione intorno al mondo”. Da Bergamo a Brindisi in treno, poi si imbarca sul piroscafo “Trieste” e con i mezzi che troverà, durante i nove mesi del viaggio, attraversa Egitto, Ceylon, India, Birmania, Siam, Cina, Manciuria, Corea, Giappone, Nord America e riporta quasi 3500 negativi fotografici e 10 taccuini dove, oltre il racconto dettagliato delle varie tappe, sono presenti circa 300 disegni.

Il 16 aprile in riferimento alle fotografie che sta realizzando scrive a D’Annunzio

“se il sole mi assiste e io persisto riporterò una delle più belle serie che siano al mondo”

Nel luglio del 1924 col tenente Crosio e altri tre componenti dell’equipaggio parte a bordo dell’idrovolante Dornier Wal “I-deor” per tentare la trasvolata atlantica, un volo complessivo di circa 6000 km. Le impossibili condizioni meteo lo obbligano ad ammarare nell’oceano al largo di Capo Farewell (Groenlandia) da dove non riesce più a ripartire a causa delle onde e della fitta nebbia. Al quarto giorno viene raggiunto dall’incrociatore americano Richmond che per un “errore di manovra” distrugge l’aereo e poi lo affonda per eliminare il relitto potenzialmente pericoloso.

Dal 1924 al 1928 dando seguito alla sua adesione al movimento fascista della prima ora, è deputato al Parlamento del Regno d’Italia, dove si occupa prevalentemente dei problemi dell’aviazione criticando fortemente il governo di non contribuire efficacemente al suo sviluppo, diversamente da quanto, a suo parere, accade negli altri Paesi (nel 1925 il “Commissariato per l’aeronautica” diventa Ministero con a capo lo stesso Benito Mussolini e sottosegretario il generale dell’esercito Alberto Bonzani, cui subentrerà Italo Balbo per poi nel 1929 diventarne ministro).

Nel 1928 chiede di poter partecipare alle ricerche del generale Umberto Nobile disperso al Polo Nord con il dirigibile Italia ma, pagando per le sue critiche all’aviazione, la richiesta gli viene negata. Come accade ai cosiddetti “senatori dell’aria” o eroi del volo della Grande Guerra anche Locatelli viene messo da parte dall’aviazione italiana ormai egemonizzata da Balbo e dalla sua concezione di “volo collettivo” a discapito delle singole eccellenze.

Nel 1932, viene richiamata brevemente in servizio nella Regia Aeronautica e alla fine del 1933 viene nominato podestà di Bergamo, dedicandosi con grande passione allo studio per il risanamento di città alta, sul progetto di Luigi Angelini. Già l’anno successivo, a causa della legge che impedisce ai celibi di ricoprire cariche pubbliche, e a vari contrasti con il federale Valli, dà le dimissioni da podestà.

Il 17 maggio del 1935 viene promosso maggiore per merito straordinario e nel gennaio successivo parte per Mogadiscio e assegnato all’aviazione di ricognizione della Somalia. Come nella Grande guerra porta a termine il suo lavoro con grande dedizione, producendo disegni, foto e descrizioni delle postazioni nemiche.

Da poco Badoglio aveva fatto il suo ingresso trionfale in Addis Abeba e il Duce aveva proclmato la rinascita dell’Impero sui colli fatali di Roma, ma la situazione militar in Etiopia era ancora piuttosto difficile. Preoccupati degli avvenimenti che scuotevano Gore e Lechemti, Graziani e Mussolini decisero di organizzare una spedizione verso Lechemti, da dove il missionarioPadre Mario Borello informava costantemente Addis Abeba degli avvenimenti.

Borelli, che soggiornò per oltre venti anni nel capoluogo del Liecà, riuscì a riallacciare i rapporti con il suo vecchio allievo Hapte Mariam e con suo zio, e dalle loro missive comunicò a Graziani la sua convinzione che i capi galla erano più propensi ad accettare una dominazione italiana piuttosto che inglese, a condizione che li si liberi al più presto della presenza scioana, venne pertanto deciso di inviare una missione per trattare con i capi galla, accettarne la sottomissione, e impegnarli a garantire la sicurezza della regione nell’attesa che altri aerei portassero altri uomini per creare un presidio italiano a Lechemti.

Dal momento che le abbondanti piogge avevano reso impraticabili, il viceré pensò di inviare una spedizione aerea, pertanto vennero allestiti tre aerei che avrebbero potuto usufruire dell’aeroporto di Bonàia, a venti chilometri dalla città. Padre Borello però non considerò che Hapte Mariam subiva fortemente la pressione del governo di Gore, e non sapeva che già presumibilmente dall’11 giugno a Lechemti erano giunti almeno 150 tra allievi della scuola militare di Olettà e disertori eritrei, inviati da Gore per controllare le mosse di Hapte Mariam

Locatelli in qualità di capo di uno dei tre aerei parte per la spedizione con il generale di brigata aerea Vincenzo Magliocco, è il 26 giugno del 1936. Essi portavano 3.000 talleri di Maria Teresa d’argento con cui avrebbero assoldato un esercito per occupare la zona.

Dopo essere atterrati a Bonaia alle 13:00, alle 14:45 il generale Magliocco telegrafò ad Addis Abeba la buona prosecuzione della spedizione e nel tardo pomeriggio arrivarono al campo di Bonàia dodici soldati galla su ordine di Hapte Mariam per proteggere la spedizione, assieme a delegati etiopi.

Sentendosi abbastanza al sicuro, il generale Magliocco fece perciò organizzare un accampamento di fortuna intorno ai tre velivoli, in attesa di incontrare Hapte Mariam il giorno dopo, posizionando però ad ogni evenienza anche due mitragliatrici.

La notte l’accampamento venne assalito da un gruppo di arbegnuoc (“patrioti” etiopici) che incendiarono gli aerei e uccisero tutti gli italiani, tranne padre Borello che si era allontanato il pomeriggio prima dell’attacco. Dopo la scoperta dell’eccidio di Lechemti, a Locatelli e agli altri componenti degli equipaggi viene concessa la medaglia d’oro al valor militare.

Gabriele D’Annunzio, grande amico di Antonio Locatelli, gli dedicò un lungo epitaffio dove promise di volerne accogliere le spoglie presso il Vittoriale mettendo a disposizione un’arca funeraria. Si tratta comunque di una sepoltura simbolica in quanto l’arca funeraria è vuota (è quindi un cenotafio). I resti di uno dei due Ca.133 furono trasformati successivamente in un monumento ai caduti.

I resti trasformati in monumento commemorativo di uno dei Caproni Ca. 133 della tragica spedizione del Gen. Magliocco a Bonaia, Lekempti, Etiopia.jpg

La notizia della strage creò una grande commozione, simile a quella che seguì la notizia dell’eccidio del cantiere Gondrand avvenuto a Mai Lahlà.  Nella mattinata del 10 luglio il Duce inviò alla famiglia Locatelli il seguente telegramma:

«Antonio Locatelli era per me una delle anime più pure ed intrepide del Fascismo, un soldato, un Eroe nel significato più classico e nostro della parola. Potete immaginare quanto mi abbia rattristato la sua gloriosa morte al servizio della Patria. Egli sarà onorato e vendicato»

Poco dopo l’eccidio, l’alpino Federico Bruseghini riuscì a recuperare quattro frammenti dell’aereo di Antonio Locatelli: tali cimeli sono oggi conservati ed esposti presso il Museo storico italiano della guerra a Rovereto, in provincia di Trento. Il portale web dell’Aeronautica Militare ha realizzato una pagina, intitolata “I grandi aviatori”, dove fra le maggiori personalità storiche dell’aviazione italiana, è stato inserito Locatelli, mentre la sua città natale Bergamo, gli ha eretto un grande monumento alle porte di città alta.

Monumento ad Antonio Locatelli.jpg

Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo. Sotto riportiamo le motivazioni di tutte le medaglie conferite ad Antonio Locatelli:

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’oro al valor militare

«Già insignito di tre medaglie d’argento al valor militare; aviatore ammirabile, esploratore sagacissimo, temprato a tutte le avversità e a tutti i rischi, combattente di alto valore, si spingeva da solo per centinaia di chilometri su territorio avversario e superando la concentrazione di artiglieria e talvolta gli attacchi di pattuglie da caccia nemiche, giungeva su obiettivi militari di grande importanza riportando sempre fotografie ed informazioni preziose. Nell’ultimo volo di guerra colpito da uno shrapnel che gli squarciava l’apparecchio e costretto ad atterrare in territorio nemico, sebbene ferito al ginocchio e lussato al piede, compiva la distruzione dell’apparecchio e riusciva per otto ore a sottrarsi alla cattura del nemico. Caduto prigioniero, superando rischi e stenti di ogni sorta, raggiungeva le nostre linee durante l’ultima vittoriosa offensiva. Fulgido esempio d’eroismo.»
— Cielo della Carnia, dell’Altipiano, Alto e Medio Isonzo, agosto – ottobre 1917

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’oro al valor militare

«Portava nella guerra per la conquista dell’Impero Etiopico lo spirito leggendario di puro eroismo degli aviatori della grande guerra. Esempio luminoso alle giovani generazioni.»
— Cielo della Somalia, gennaio – maggio 1936.

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’oro al valor militare (alla memoria)

«Conscio del pericolo cui andava incontro, ma orgoglioso di essere annoverato fra i pionieri dell’Italia imperiale, chiedeva con generosa insistenza di partecipare ad ardita impresa aeronautica intesa ad affermare col simbolo del tricolore il dominio civile di Roma su lontane contrade non ancora occupate. Minacciato nella notte da orde ribelli, rifiutava la sicura ospitalità di genti amiche e preferiva affrontare con lo scarso manipolo di eroici compagni l’impari combattimento per difendere fino all’estremo sacrificio la bandiera della Patria.»
— Lechemti, 27 giugno 1936

File:Valor militare silver medal BAR.svg Medaglia d’argento al valor militare

«Ardito e brillante pilota d’aeroplano compì lunghe e difficili ricognizioni, sfidando, con animo sereno, il fuoco aggiustato degli anti-aerei, che colpirono più volte il suo apparecchio, e manifestò ammirevole spirito offensivo negli scontri con i velivoli nemici. Durante una difficile ricognizione contrastata dal tiro degli anti-aerei che colpirono l’apparecchio, impegnò un duello con un velivolo avversario, costringendolo a discendere sul proprio campo. Riprese poi la ricognizione e la completò con fotografie. Nell’iniziare un’altra ricognizione scorse un apparecchio avversario proveniente da nostro territorio, incrociò per attendere il suo passaggio, ed avutolo a portata di tiro, lo attaccò deciso, inseguendolo fino a che non lo si vide cadere nel campo di Aisovizza. Compì poi la ricognizione trattenendosi per altre due ore su territorio nemico.»
— Monte Nero, 14-18 febbraio 1916

File:Valor militare silver medal BAR.svg Medaglia d’argento al valor militare

«In ricognizioni aeree su Mezzolombardo, a Nave San Rocco, veniva assalito a 30 metri di distanza, ed alle spalle, da un aeroplano nemico, e riusciva con la sua calma e abile manovra a farlo abbattere dal proprio osservatore. Seguitava poi arditamente l’esecuzione del mandato affidatogli, quantunque l’apparecchio fosse stato colpito in parti vitali, riportando utili e preziose informazioni.»
— Nave San Rocco (Val Lagarina), 15 giugno 1916

File:Valor militare silver medal BAR.svg Medaglia d’argento al valor militare

«Pilota d’aeroplano, durante un combattimento in una difficile zona d’alta montagna, eseguiva una ricognizione a meno di 500 metri sule posizioni nemiche. Sebbene l’apparecchio fosse stato danneggiato dal tiro bene aggiustato e l’osservatore ferito, con sprezzo del pericolo e calma ammirevole, continuava il volo sempre alla stessa quota e si internava sempre più in territorio nemico, consentendo all’osservatore di portare a termine il mandato.»
— Cielo dell’Ortigara, Val Portule, Val Galmarara, Bassano, 20 giugno 1917

2 pensieri riguardo “Le tre medaglie d’oro di Antonio Locatelli

  1. […] Il Generale Vincenzo Magliocco rimase ucciso insieme ad altri 11 italiani in quello che viene ricordato come eccidio di Lechemti o eccidio di Bonàia. Nella notte tra il 26 e il 27 giugno 1936 da un gruppo di guerriglieri etiopici attaccò una spedizione militare aerea italiana, guidata dal generale palermitano, accampata sull’aviosuperficie di Bonàia, nei pressi di Lechemti, nella regione occidentale dell’Etiopia. Fra coloro che rimasero uccisi in quel tragico giorno vi era fra gli altri anche Antonio Locatelli, l’unico militare italiano decorato con tre Medagli d’Oro al Valor Mil… […]

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