75 anni fa, il rastrellamento del Ghetto di Roma

“i recenti avvenimenti italiani – recitava il messaggio – impongono una immediata soluzione del problema ebraico nei territori recentemente occupati dalle forze armate del Reich”

Questo fu il testo del messaggio ricevuto, all’indomani dell’occupazione tedesca di Roma, Herbert Kappler, tenente colonnello delle SS, comandante dell’SD e della Gestapo a Roma, ricevuto da Heinrich Himmler, ministro dell’interno, comandante delle forze di sicurezza della Germania nazista e teorico della soluzione finale della questione ebraica.

Il 24 settembre successivo, Himmler fu più esplicito: in un telegramma segreto e strettamente riservato per il colonnello Kappler disponeva che “tutti gli ebrei, senza distinzione di nazionalità, età, sesso e condizione, dovranno essere trasferiti in Germania ed ivi liquidati. Il successo dell’impresa dovrà essere assicurato mediante azione di sorpresa”.

Nel pomeriggio di domenica 26 settembre 1943, Kappler convocò presso il proprio ufficio a Villa Wolkonsky il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ugo Foà, e quello dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Dante Almansi, intimando loro la consegna, entro trentasei ore, di almeno 50 chilogrammi d’oro, minacciando, prima, la deportazione di duecento ebrei romani verso la Germania, poi, di tutta la comunità ebraica. In cambio dell’oro, Kappler promise agli ebrei l’incolumità.

La mattina dopo iniziò la raccolta dell’oro all’interno del Tempio maggiore (sinagoga). Nel pomeriggio la Santa Sede, informata del ricatto di Kappler, comunicò in via ufficiosa che avrebbe autorizzato un prestito in lingotti d’oro sino al raggiungimento dei 50 chilogrammi richiesti dalla polizia tedesca, ma ciò non fu necessario.

Alle ore 18 di martedì 28, dopo una proroga dei termini di quattro ore, accordata dallo stesso Kappler, i capi della Comunità ebraica romana si presentarono a Villa Wolkonsky per la consegna dell’oro. Kappler li fece accompagnare da una scorta nel vicino edificio di Via Tasso 155, dove l’oro fu pesato per ben due volte e alla fine risultò pesare 50,3 chilogrammi.

A quel punto l’ufficiale tedesco spedì immediatamente l’oro a Berlino, al capo dell’ufficio centrale per la sicurezza del Reich, generale Ernst Kaltenbrunner, con una lettera di accompagnamento nella quale si esprimevano perplessità sulla fattibilità della deportazione e si suggeriva di utilizzare gli ebrei romani come mano d’opera per lavoro obbligatorio.

Kaltenbrunner rispose sdegnato chiedendo l’estirpazione immediata e completa degli ebrei in Italia nell’interesse speciale della situazione politica attuale e della sicurezza generale in Italia. Ai primi di ottobre il governo tedesco invia a Roma il Capitano delle SS Theo Dannecker per procedere alla deportazione e velocizzare i tempi. Dannecker è un esperto di fiducia di Eichmann che aveva dato il via ai rastrellamenti di Parigi.

Prima di procedere alla stessa, però era necessario sgombrare il campo dai Carabinieri Reali, presenti in forze nella capitale e giudicati infidi sia dai fascisti sia dai nazisti. I comandi tedeschi che nella capitale disponevano di pochi uomini, pensavano che gli stessi si potessero opporre al disegno di Kaltenbrunner ed essi non avevano forze sufficenti a contrastare un eventuale reazione dei carabinieri.

Deportazione Carabinieri

Venne quindi decisa la deportazione dei carabinieri in servizio nella zona della capitale, prima di iniziare le operazioni di rastrellamento del ghetto. L’operazione venne portata a termine il 7 ottobre. Tutto conoscono la data del 16 ottobre 1943, pochi o nessuno quella del 7, fatto sta che dai duemila ai duemilacinquecento carabinieri, presero la via dei lager, su vagoni piombati uguali a quelli che porteranno alla stessa destinazione, nove giorni dopo gli ebrei.

Il 14 ottobre successivo, Kappler ordinò il saccheggio delle due biblioteche della Comunità ebraica e del Collegio rabbinico e fece caricare due vagoni ferroviari diretti in Germania con materiale di inestimabile valore culturale. Gli agenti di Kappler portarono via anche gli elenchi completi dei nomi e degli indirizzi degli ebrei romani. Alla successiva individuazione dei domicili collaborarono anche i commissari di pubblica sicurezza Raffaele Aniello e Gennaro Cappa.

Lo stesso giorno, Kappler inviò una lettera al comandante del campo di sterminio di Auschwitz, Hoess, dicendogli che avrebbe ricevuto intorno al 22-23 ottobre un carico di oltre 1 000 ebrei italiani e di prepararsi a concedere loro il “trattamento speciale”.

All’alba di sabato 16 ottobre 1943, giorno festivo per gli ebrei, scelto appositamente per sorprenderne il più possibile, 365 uomini della polizia tedesca, coadiuvati da quattordici ufficiali e sottufficiali, effettuarono il rastrellamento in maniera mirata, grazie al censimento degli ebrei svolto anni prima dal Governo Mussolini degli appartenenti alla comunità ebraica romana. Nessun italiano fu ritenuto abbastanza fidato da Kappler per partecipare all’azione. Un centinaio di uomini circa fu destinato all’operazione all’interno del ghetto e i rimanenti nelle altre zone della città.

I 1.259 complessivamente rastrellati  vennero caricati in camion militari coperti da teloni e trasportati provvisoriamente presso il Collegio Militare di Palazzo Salviati; rimasero nei locali e nel cortile del collegio per circa trenta ore, separati per genere ed in condizioni assolutamente disagiate. La verifica dello status dei prigionieri condusse al rilascio di 237 di loro, identificati come cittadini stranieri, compreso uno di nazionalità vaticana, componenti di unioni o famiglie miste, compresi i partner ebrei ed altri arrestati risultati di “razza ariana”.

Il rastrellamento foto 2

I deportati furono trasferiti alla stazione ferroviaria Tiburtina, dove furono caricati su un convoglio composto da 18 carri bestiame.  Il convoglio, partito alle 14.05 di lunedì 18 ottobre, giunse al campo di concentramento di Auschwitz alle ore 23.00 del 22 ottobre ma i deportati rimasero chiusi nei vagoni sino all’alba. Nel frattempo, uno o due anziani erano già periti e, a nord di Padova, un giovane, Lazzaro Sonnino, era riuscito a fuggire, gettandosi dal convoglio in movimento.

Fatti uscire dai vagoni, vennero suddivisi in due schiere: da una parte 820, giudicati fisicamente inabili al lavoro e dall’altra 154 uomini e 47 donne, dichiarati fisicamente sani. Gli 820 del primo gruppo furono immediatamente condotti nelle camere a gas, mascherate da “zona docce” e soppressi. Quello stesso giorno, i loro cadaveri, lavati con un getto d’acqua e privati dei denti d’oro, furono bruciati nei forni crematori.

I deportati dell’altro gruppo furono in parte destinati ad altri campi di sterminio. A guerra finita, torneranno in Italia solo 15 uomini e 1 donna, Settimia Spizzichino, sopravvisse alle torture di Bergen-Belsen.. Tra coloro che rimasero ad Auschwitz, sopravvisse solo Cesare di Segni.

Nel ghetto di Roma, il 23 ottobre del 1964, è stata posta a futura memoria una lapide con la seguente iscrizione:

Lapide al ghetto di Roma

IL 16 OTTOBRE 1943
QVI EBBE INIZIO
LA SPIETATA CACCIA AGLI EBREI
E DVEMILANOVANTVNO CITTADINI ROMANI
VENNERO AVVIATI A FEROCE MORTE
NEI CAMPI DI STERMINIO NAZISTI
DOVE FVRONO RAGGIVNTI
DA ALTRI SEIMILA ITALIANI
VITTIME DELL’INFAME
ODIO DI RAZZA
I POCHI SCAMPATI ALLA STRAGE
I MOLTI SOLIDALI
INVOCANO DAGLI VOMINI
AMORE E PACE
INVOCANO DA DIO
PERDONO E SPERANZA
A CVRA DEL COMITATO NAZIONALE
PER LE CELEBRAZIONI DEL VENTENNALE DELLA RESISTENZA

Sulla lapide sottostante posta nel gennaio del 2001 è scritto:

“E NON COMINCIARONO NEPPURE A VIVERE”
IN RICORDO DEI NEONATI
STERMINATI NEI LAGER NAZISTI
IL COMUNE POSE NELLA GIORNATA DELLA MEMORIA
GENNAIO 2001

Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.

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