Erano passati solo 4 giorni da quel tragico 8 settembre 1943, quando un recalcitrante Badoglio, era stato costretto dagli Alleati ad annunciare l’armistizio firmato fra Regno d’Italia e gli Alleati il 3 settembre a Cassibile. I tedeschi a quel punto avevano dato attuazione ai piani da tempo predisposti, per far fronte alla defezione italiana.
Roma era caduta in mano tedesca dopo alcune ore di combattimenti e centinaia di migliaia di soldati italiani erano già stati disarmati e lo sfacelo generale attraversava le forze armate italiane, quando il 12 settembre arrivava dai microfoni nazisti una notizia bomba. Reparti di paracadutisti tedeschi avevano finalmente trovato il nascondiglio dove il Duce veniva tenuto prigioniero e lo aveva liberato.
«Achtung! Achtung! Il quartier generale del Führer comunica che il duce è stato liberato»
Il paese in quei tragici giorni risultava diviso in 2 tronconi il sud occupato da forze alleate e il centro nord in mano tedeschi e ci si avviava inesesorabilmente verso uno dei periodi più tragici della nostra storia, quello che sfociò nella guerra civile. Ma cerchiamo di capire come e quando venne concepita l’operazione che portò, su interessamento personale di Adolf Hitler’, alla liberazione di colui che il Führer considerava il suo “maestro”, il deposto capo del fascismo.
Il ministro Albert Speer, nel suo libro Memorie del Terzo Reich, ricorda la reazione di Adolf Hitler alla notizia dell’arresto di Mussolini, descritta come una sorta di “fedeltà nibelungica”: “Non c’era gran rapporto in cui il Führer non chiedesse che fosse fatto tutto il possibile per ritrovare l’amico disperso. Diceva di essere oppresso giorno e notte dall’angoscia”.
Già all’indomani della lunga notte del Gran Consiglio, precisamente la sera del 26 luglio 1943 Hitler convocò presso il suo quartier generale a Rastenburg, denominato in codice la “Tana del lupo”, sei ufficiali scelti tra tutte le forze armate germaniche per un’operazione ultra segreta. La scelta su chi dovesse comandare la delicata operazione cadde su un trentacinquenne capitano delle SS, Otto Skorzeny.
A lui sarebbe toccato il compito di scoprire dove era tenuto prigioniero l’amico di Hitler, mentre il generale Kurt Student, fondatore dei paracadutisti tedeschi doveva preparare e condurre l’operazione vera e propria. Nasceva cosi “Fall Eiche”(operazione Quercia) finalizzata alla liberazione di Benito Mussolini e al suo ritorno alla guida del fascismo in Italia.
Il giorno successivo, Student e Skorzeny, partirono per l’Italia in aeroplano e una volta giunti a Roma si diressero immediatamente a Frascati, sede del Quartier generale del feldmaresciallo Albert Kesserling. Dell’operazione lo stesso Kesselring, comandante del gruppo di armate tedesche in Italia, venne tenuto all’oscuro e a frascati i due vennero raggiunti tre giorni dopo saranno raggiunti dagli uomini del SD, il servizio informazioni e intelligence delle SS.
A quei giorni l’armistizio non era stato annunciato, formalmente l’Italia e la Germania combattevano ancora insieme, occorreva quindi muoversi con circospezione. Skorzeny riusci a scoprire dove veniva tenuto prigioniero Mussolini prima a Ponza e poi all’isola della Maddalena ma in entrambi i casi non si riusci a predisporre l’operazione, perché Badoglio, aveva ordinato per motivi di sicurezza di spostare continuamente il prigioniero.
Scoperto il nascondiglio presso Campo Imperatore sul Gran Sasso bisognava solo avere la certezza, che Mussolini fosse effettivamente lì. Pertanto venne ordinato al capitano medico Leo Krutoff, di recarsi a Campo Imperatore per un sopralluogo. Motivo ufficiale della missione era quello di organizzare la convalescenza nell’albergo di soldati tedeschi malati di malaria e con questi ordini l’ignaro ufficiale si avviò verso il Gran Sasso.
Quando giunse nel paesino di Assergi per prendere la funivia, Krutofff fu bruscamente bloccato da alcuni carabinieri che gli spiegarono che la zona del Gran Sasso era stata dichiarata “zona militare” e che quindi era impossibile salirvi. Ma gli uomini di Skorzeny non erano gli unici ad avere avuto informazioni al riguardo e nella zona era in missione anche un ufficiale delle SS Erich Priebk, inviato da Herbert Kappler comandante dell’SD, della SiPo e della Gestapo a Roma.

La colonna motorizzata tedesca sulla strada del Gran Sasso
Furono proprio gli uomini di Kappler ad avere la conferma che l’illustre prigioniero era proprio a Campo Imperatore. Nel frattempo l’armistizio era divenuto pubblico, l’intero territorio della penisola era zona nemica e niente più ostacolava Fall Eiche. L’operazione scattò alle 3 antimeridiane del 12 settembre, quando una colonna motorizzata dei “diavoli verdi” agli ordini del maggiore Harald-Otto Mors si mosse alla volta di Assergi.
La partenza dei 10 alianti DFS 230 della 2. Fallschirmjäger-Division era invece prevista per le 12.30, dall’aeroporto di Pratica di Mare ma venne anticipata di qualche minuto in quanto una serie di bombardieri alleati si stava avvicinando alla zona. Dato il limitato spazio a disposizione per l’atterraggio sul Gran Sasso sulle ruote degli alianti erano stati incastrati dei rotoli di filo spinato, per creare un forte attrito col suolo.
Durante il volo di avvicinamento l’aereo che rimorchiava il DFS con a bordo Otto Skorzeny, pilotato dal tenente Elimar Meyer, si trovò dalla quarta posizione che aveva al decollo, a essere in testa alla formazione, dato che i primi tre Henschel avevano virato per guadagnare quota e si erano accodati alla formazione, ma non quello con l’ambizioso capitano delle SS a bordo.
E così Skorzeny si trovò davanti all’aliante dove c’era invece il tenente barone Georg von Berlepsch, il vero comandante dell’unità d’assalto alla quale Skorzeny era stato aggregato come “consigliere politico” e con espresso divieto, da parte del generale Student di esercitare il grado.
Gli italiani, colti di sorpresa dalla fulminea azione e da ordini a dir poco contraddittori da parte dell’ispettore Gueli, non reagirono. Per di più Skorzeny aveva avuto l’idea, stigmatizzata nell’immediato dagli ufficiali paracadutisti, di portare con sé come ostaggio il generale del Corpo degli agenti di polizia Fernando Soleti che, facendosi riconoscere dai carabinieri che presidiavano la fortezza sul Gran Sasso, intimò loro di non sparare.

La presenza di Soleti non è mai stata chiarita fino in fondo, qualcuno ipotizza che fosse in verità un emissario del Governo Badoglio, incaricato di fare in modo che nell’operazione non ci fossero vittime, ad ogni modo i soldati italiani restarono totalmente disorientati dalla presenza del generale e alla vista dell’alto ufficiale, lo stesso Mussolini, che si era affacciato alla finestra, disse:
“Non sparate, non vedete che è tutto in ordine? C’è un generale italiano!”.
Fu Skorzeny a salutare per primo Mussolini, nonostante si fosse accordato con Student di rimanere solo un “consigliere politico”, violando gli ordini che vietavano persino di scendere in picchiata, cosa che lui aveva imposto a Meyer, scompaginando la formazione e costringendo due alianti ad andare a sbattere contro le rocce circostanti.
Poco dopo aver messo in sicurezza la zona i soldati germanici sistemarono la radio sul tetto dell’albergo. Dalla stessa venne dato il segnale che l’operazione si era conclusa con un pieno successo, l’albergo era in mani tedesche, il “Duce d’Italia” era vivo e non c’erano vittime.
Poco dopo il “Deutsche Nachrichten Bureau” dirama il seguente comunicato del Quartier Generale del Führer:
“Reparti di paracadutisti e di truppe di sicurezza germanici, unitamente ad elementi delle S.S., hanno oggi condotto a termine una operazione per liberare il Duce che era tenuto prigioniero dalla cricca dei traditori.
Il Duce si trova in libertà.
In tal modo è stata sventata la sua progettata consegna agli anglo-americani da parte del Governo Badoglio”
Se sul rifugio non ci fu praticamente nessuna reazione da parte italiana, ad Assergi invece persero la vita due militari, gli unici che non si sottrassero al loro dovere in quella circostanza. Il primo fu la guardia forestale Pasqualino Vitocco, che aveva cercato di avvisare i carabinieri della presenza della colonna tedesca e venne ucciso con una raffica di mitragliatrice, dopo che gli era stato intimato l’alt.
La coraggiosa Guardai forestale morirà il giorno dopo all’Ospedale Civile dell’Aquila. La seconda vittima fu il carabiniere Giovanni Natale che, di guardia nella stazione intermedia della funivia, visti arrivare dei tedeschi aveva tentato una reazione ma era stato colpito a morte.
Dopo qualche foto ricordo, Mussolini doveva ripartire con il capitano della Luftwaffe Gerlach su uno Storch, aereo a decollo e atterraggio breve, portato sull’altipiano dallo stesso ufficiale. L’aereo poteva trasportare solo un passeggero, soprattutto in partenza da una pista di decollo così corta, per questo ne era stato previsto un altro per trasportare l’ufficiale accompagnatore, che venne designato in Skorzeny, secondo i suoi espressi desideri.

Il secondo aereo però non riuscì ad atterrare, ma Skorzeny, non si perse d’animo, non voleva mancare allountamento con la storia. Quindi nonostante il suo peso non indifferente, riuscì ugualmente a ottenere il permesso da Mors e dal pilota di poter salire sullo Storch, forse facendo pesare il suo grado o grazie a ordini “superiori” (il grado di capitano era uguale a quello di Gerlach, ma bisogna ricordare che Skorzeny apparteneva alle SS).
La pista era troppo corta così Gerlach, abile pilota, decise di far trattenere le ali dello Storch da alcuni soldati fino a raggiungere il massimo regime del motore. A un segnale, lasciato libero, l’aereo scattò in avanti verso il burrone, il velivolo scomparve per qualche secondo nell’abisso, ma poi lo si poté vedere da lontano mentre si alzava verso il cielo. Anche il delicato decollo era perfettamente riuscito e l’aereo diresse verso Pratica di Mare.
Appena atterrato, Mussolini fu imbarcato su un Heinkel He 111 che lo portò prima nella capitale austriaca e poi a Monaco. Il 14 settembre 1943, il Duce giunse a Rastenburg, dove incontrò l’uomo che più di tutti aveva voluto quella operazione, Adolf Hitler.
Il maggiore Mors rientrò alla base presso il Lago di Nemi il 26 settembre 1943 e venne insignito dal Generale Student della medaglia d’oro dell’Ordine militare della Croce Tedesca. Altre decorazioni furono appuntate dal Generale sul petto dei Fallschirmjager che si erano distinti in azione.
Nonostante il rapporto di Mors, fosse stato suffragato in tutto e per tutto da quello del generale Student, cui Hitler aveva assegnato il comando della missione, il Führer preferì dare tutti i meriti a Skorzeny e questa tesi rimarrà valida ancora per molti anni a seguire.

Di lì a poco sarebbe nata la Repubblica Sociale Italiana nei territori occupati dai tedeschi ad esclusione di alcune zone che, dichiarate “zone di operazione” verranno incorporate nel Terzo Reich, e per l’Italia sarebbe iniziata la fase più cruenta della guerra. Tedeschi e alleati di ritrovarono a combattere sulla penisola, ma ancor più grave e cruenta fu la lotta fratricida fra italiani che, vedrà contrapposte con efferatezze di ogni genere da ambo le parti le forze della RSI e le formazioni partigiane.
Grazie per aver letto il nostro post e con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.
[…] tardo pomeriggio del 14 settemìbre 1943 Mussolini dopo esssere stato liberato dalla prigionia sul Gran Sasso raggiunge Rastenburg, la Wolfsschanze, la “Tana del lupo” il quartier generale […]
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[…] Mussolini. dopo essere liberato dalla prigionia sul Gran Sasso il 12 settembre precedente, annunciava dai microfoni di Radio Monaco, la nascita della Repubblica […]
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[…] tedeschi, quando il 24 settembre venne designato da Benito Mussolini, che il 12 settembre era stato liberato dai tedeschi dalla prigionia, quale sottosegretario di Stato dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana, con il compito di […]
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[…] fosse ridotta da “prigioniero” a “internato”, nonostante l’avvenuta liberazione del Duce del fascismo dalla prigionia su Gran Sasso avvenuta il 12 settembre e la conseguente immediata proclamazione della Repubblica Sociale […]
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Mussolini non si sottrasse all’evolversi degli eventi, sapendo che in questo modo avrebbe alleviato le sofferenze del popolo italiano dalla vendetta dei tedeschi, che avevano subito il più vile tradimento!!!!
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[…] Operazione Quercia, la liberazione di Mussolini 12 settembre 1943 […]
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Sono ammirato, anzi più che ammirato, dalle capacità tecniche del quasi sconosciuto capitano pilota Gerlach che, dopo aver caricato Mussolini e il pesantissimo capitano Otto Skorzeny, portò in quota il precario apparecchio e, lui tedesco, riuscì a non perdere la direzione tra i monti dell’Abruzzo fino al distante Lazio meridionale e al modesto campo di atterraggio di Pratica di Mare. Certo, ci fu una buona dose di fortuna: maltempo, l’incontro con i numerosi aerei alleati, una avaria al motore … ma, si sa, la fortuna aiuta gli audaci; e poi l’operazione era stata preparata dagli eccellenti strateghi di cui si circondava Hitler.
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