Con oggi iniziamo una lunga serie di post dedicati a campi di concentramento, prigionia e di lavoro coatto gestiti dalle forze armate italiane, nei vari settori in cui si trovò ad operare, sia prima che durante il secondo conflitto mondiale, Africa Settentrionale, Balcani e Africa Orientale principalmente.
L’oggetto del post odierno riguarda il campo di Dhanaane (Danane), realizzato sulla costa dell’oceano tra Mogadiscio e Mercache che rimase attivo dalla fine del 1935 fino al 18 marzo 1941, giorno in cui venne occupato dalle truppe britanniche.
Esso era destinato ad internati etiopi, sia militari che civili che detenuti, sia politici che comuni, ma verrà utilizzato anche per prigionieri britannici catturati durante le operazioni nell’Africa Orientale Italiana.
Esso venne costruito alla fine del 1935, alla vigilia della guerra d’Etiopia, dal generale Graziani, all’epoca governatore della Somalia, che lo riteneva utile alle necessità della guerra per concentrarvi i prigionieri.
Il campo di concentramento per confinati politici di Danane assunse successivamente alla conquista dell’Etiopia la funzioni di imprigionare ufficiali inferiori, semplici soldati, oppositori politici e membri dell’amministrazione statale etiope, che si opponevano all’occupazione italiana.
In esso verranno internati pure detenuti comuni e politici e a partire da dicembre del 1940, a Danane verranno internati anche prigionieri di guerra catturati durante i combattimenti con le truppe inglesi. Poco dopo verrà anche il momento dei civili etiopi in seguito alla repressione messa in atto dopo il fallito attentato al governatore dell’ Africa Orientale Italiana Rodolfo Graziani.
Se infatti a metà del 1936 la maggior parte degli internati sono soldati semplici amhara, membri dell’esercito di Ras Desta Damtru, il figlio adottivo dell’Imperatore Haile Selassie, dopo l’attentato alla sua persona del 19 febbraio 1937, Graziani pianifica l’eliminazione delle alte autorità etiopi accusate di non collaborare con l’amministrazione italiana.
Mussolini, il 1° marzo, dopo avergli negato l’autorizzazione alla distruzione dell’intera Addis Abeba chiesta da Graziani, autorizza lo stesso alla deportazione in Italia dei capi e dei notabili di rango più elevato, ritenuti responsabili o maggiormente compromessi con la resistenza etiopica, decidendo di confinare nei campi di concentramento in colonia quegli “elementi di scarsa importanza comunque nocivi ai territori dell’impero di nuova occupazione”.
Decine di convogli di prigionieri, dopo essere stati in parte decimati dalle epidemie e dagli stenti del lungo viaggio vengono così inviati a Danane, dove vennero rinchiusi centinaia di funzionari con la qualifica di “criminali”.
Fra giugno e novembre del 1937, un centinaio di residenti della zona di Debre Libanos vengono deportati a Danane, nel tentativo di cancellare la memoria sul massacro avvenuto nel convento il 21 maggio 1937 seguiti all’inizio di novembre da 360 ragazzi superstiti dello stesso massacro.
Passando ad esaminare l’organizzazione del campo, esso risulta costituito da due diverse aree, una racchiusa da mura alte dai quattro agli otto metri, e un’altra, contingua alla precedente ma esterna alle mura, recitanta da filo spinato. Il campo è sorvegliato da torri di controllo dotate di fari e mitragliatrici e come corpo di guardia vi si troveranno sia Carabinieri, che Dubats (Bande irregolari di Somali) e anche elementi della Milizia, le Camicie Nere.
Costruito in una zona isolata e completamente deserta, il campo occupa un’area di 1 kmq nella previsione che possa contenere fino a 400 tende in grado di ospitare un massimo di 2.000 prigionieri. All’interno delle mura, il campo è diviso in quattro diversi settori: in uno sorge un edificio in muratura per il comando, l’amministrazione e l’infermeria, negli altri tre trovano posto i tucul per gli internati.
Il campo è dotato di quattro pozzi, quattro locali per le latrine e le docce comuni e altrettante per l’assistenza sanitaria, un locale per gli interrogatori e le punizioni, due tende per le funzioni religiose (musulmana e copta), sei locali adibiti a prigione, una tenda-postribolo per la truppa di vigilanza.
Le condizioni sanitarie vengono considerate “disastrose” dagli stessi funzionari italiani che periodicamente visitano il campo. Le malattie più diffuse sono la malaria e la polmonite. Soltanto l’acqua inquinata del pozzo del campo di Danane è causa di centinaia di morti. La mortalità arriva nei momenti peggiori a 30 decessi al giorno.
Cosi scriveva il colonnello Eugenio Mazzucchetti il 15 agosto 1937 appena giunto al campo, dove trova, oltre ai tre settori riservati agli uomini e a quello per le donne, un quarto e un quinto settore – per circa 800 uomini – costruiti sulle dune di sabbia, all’esterno del campo recintato:
“Appena entrato nel campo uomini mi si è presentata la scena di un cadavere nudo e scheletrico legato come un baccalà che stavano lavando per poi seppellirlo! Le donne e qualche uomo mi si sono fatti incontro mostrandomi delle pagnotte coll’interno verde come del gorgonzola. Altri mi dicono che non possono mangiare il rancio perché danno sempre riso e cattivo”
Mazzucchetti che assumerà il comando del campo il 22 agosto 1937 e ne sarà l’ultimo comandante, cercherà di dare al campo un disegno più durevole e, nel dicembre del 1938, fa costruire agli internati 16 baracche di legno e alcuni edifici in muratura dove ospitare ambulatori e latrine.
Inoltre, provvede il campo di un serbatoio in cemento per l’acqua, collega il campo con la luce elettrica, installa laboratori per fabbri, falegnami, per la creazione di vasi e laterizi, in cui vengono impiegati gli stessi internati e autorizza gli internati ad aprire un bar e una moschea.
Il nuovo comandante si propone di “trasformare l’attuale caotico e lurido complesso di tucul cadenti e di tende stracciate in un ordinato paesino di baracche pulite e igieniche” e di migliorare le condizioni di vita dei detenuti. Vi riesce solo in parte, in occasione dell’avvicendamento del duca d’Aosta a Graziani nella carica di viceré.
Nonotante tutto, le condizioni del campo rimarranno sempre disastrose e a confermarne il fatto sono le cifre. Durante la sua attività nel complesso di campi di concentramento, lavoro e prigionia che facevano capo al campo principale di Danane, si registreranno un totale di circa 6.500 internati, di questi 3.175 saranno i morti, cioè il 49 per cento.
Nell’aprile 1940 venne annunciato l’arrivo di 2.000 nuovi internati a Danane, e molti di essi verranno destinati ai sottocampi di lavoro coatto dipendenti dal campo di Danane. A seguti dell’arrivo di cosi tanti nuovi internati Mazzucchetti pensa di inviare una parte di essi in due sottocampi di lavoro coatto.
Vennero così ampliati i già presenti sottocampi di lavoro coatto di Jannale e di Moico. Il primo era situato a 40 chilometri in direzione sud-est rispetto al campo centrale, presso l’omonima zona di bonifica dove a partire dal 1919 si erano insediati i coloni italiani. I prigionieri vengono impiegati in lavori forzati presso piantagioni di banane e di zucchero di canna.
L’altro sottocampo di lavoro coatto presso la Società agricola italo-somala (SAIS) a Moico, venne ampliato da Mazzucchelli nel novembre del 1940, affidandone l’ amministrazione alla stessa SAIS che ne doveva curare anche la sorveglianza.
Così scrive nel suo diario Mazzucchetti:
“Il campo di Moico sarà ampliato recingendo tre baracche e comprendendo nel recinto anche due baracchette per i servizi [….] La S.A.I.S. passerà L. 5 per ogni confinato al giorno. Quello che rimane oltre le spese del vitto sarà dato come compenso ai confinati. Ho cercato di fare fissare una mercede fissa al giorno, ma non sono riuscito. Prevedo che i confinati scapperanno perché non contenti del trattamento. Ho fatto presente ciò sia alla Direz. OO.PP. che alla S.A.I.S. ed alla Residenza, ma invano.” (cfr. TMA1)
Dopo la liberazione del campo da parte delle truppe inglesi il 18 marzo 1941, Danane verrà utilizzato dagli stessi come campo per prigionieri di guerra italiani catturati nel percorso della liberazione dell’Etiopia e del Eritrea
Il campo di Danane verrà raso al suolo durante l’amministrazione fiduciaria italiana della Somalia sotto l’egida dell’ONU negli anni ’50 , amministrazione fiduciaria che si chiuderà con la dichiarazione di indipendenza del 26 giugno 1960, con la conseguente nascita della Repubblica di Somalia.
Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.
[…] e deportati in Italia con cinque piroscafi. Intere famiglie con donne e bambini sono confinate nel campo di concentramento di Danane, sulla costa somala, dopo aver sostenuto un lungo viaggio di 15 giorni con morti per stenti e […]
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