Paolo Caccia Dominioni, la morte del conte della sabbia

“il Ten. Col. Paolo Caccia Dominioni è solo andato avanti.”

Così scrivono gli alpini parlando della morte del conte Paolo Caccia Dominioni avvenuta il 12 agosto 1992 all’età di 96 anni, all’ospedale militare del Celio a Roma. Ingegnere, scrittore, illustratore, valoroso comandante del 31° genio guastatori nella battaglia di El Alamein, il suo nome è indissolubilmente legato alla costruzione del Sacrario italiano di El Alamein, che custodisce i resti di migliaia di soldati italiani morti nella più celebre battaglia combattuta in Africa settentrionale.

Ma andiamo con ordine. Paolo Caccia Dominioni nasce a Nerviano in provincia di Milano il 14 maggio 1896 da una nobile famiglia lombarda. Visse la sua adolescenza al seguito del padre diplomatico in Francia, in Austria-Ungheria, in Tunisia ed in Egitto; tornato in Italia nel 1913 si iscrisse al Regio Politecnico di Milano frequentando il primo anno la facoltà di ingegneria.

Trasferitosi a Palermo, allo scoppio della Prima guerra mondiale si arruolò volontario nel Regio Esercito e dopo un primo periodo, come soldato semplice in forza al 10º bersaglieri, frequentò il corso ufficiali a Torino dal novembre 1915 al marzo 1916.

Venne quindi assegnato al Genio Pontieri, dove, divenuto tenente, nel maggio del 1917 si guadagnò una medaglia di bronzo al valore militare, per il forzamento dell’Isonzo nei pressi di Canale d’Isonzo durante il quale riportò una ferita non grave. Dietro sua richiesta venne trasferito ad una sezione lanciafiamme, di cui disegnò lo stemma di specialità, operante in prima linea sul Carso nell’agosto 1917, dove riportò una seconda ferita alla mano.

Dopo la ritirata di Caporetto dell’ottobre-novembre 1917, Caccia Dominioni fu trasferito in seconda linea nella valle del Brenta dove fu raggiunto dalla notizia della morte in combattimento del fratello Francesco Nicolò detto Cino, sottotenente del 5º alpini, il 29 gennaio 1918.

Trasferito in Libia a motivo del lutto nell’aprile 1918, venne adibito a servizi di guarnigione nei dintorni di Tripoli, dove lo sorprese l’annuncio della Vittoria (4 novembre 1918). Ammalatosi di influenza spagnola, ebbe il rimpatrio nel maggio 1919 e fu congedato l’anno seguente.

Alla fine del primo conflitto mondiale concluse gli studi di ingegneria e nel 1924 si trasfer’ in Egitto dove avviò la propria attività professionale, progettando importanti edifici in tutto il Medio Oriente. Venne richiamato in servizio due volte prima nel 1931 e successivamente nel 1935 per prendere parte alla campagna d’Etiopia.

Durante il primo richiamo, durante il quale prese parte ad una spedizione di carattere esplorativo nell’estremo sud del deserto libico, venne promosso capitano, mentre nel 1935 venne dapprima impiegato in una missione di intelligence in Sudan, poi in una pattuglia esplorante aggregata alla Colonna celere Starace nella marcia delle Camicie Nere su Gondar, partecipazione che gli fruttò la Croce di Guerra al Valor militare.

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale si trovava ad Ankara a dirigere i lavori per la costruzione dell’Ambasciata d’Italia ad Ankara, venne richiamato in servizio e assegnato per quattro mesi allo Stato Maggiore di Umberto II attestato alla frontiera francese.

Gli venne tuttavia consentito di terminare i lavori in Turchia fino all’agosto di quell’anno finché il richiamo definitivo alle armi avvenne nel gennaio 1941; destinazione d’impiego il Servizio Informazioni Militare. Insoddisfatto di questa collocazione di retrovia, ottenne di essere assegnato alla neocostituita specialità del Genio guastatori alpino..

Destinato in un primo momento in Russia, nel luglio 1942 gli fu affidato il comando del 31º Battaglione Guastatori d’Africa del Genio, impiegato durante tutta la campagna del Nord Africa. Si arriva quindi all’epica battaglia di El Alamein che segnerà tutta la sua esistenza, come vedremo in seguito non solo nelle fasi del combattimento.

Paolo Caccia Dominioni con il suo inseparabile cappello alpino

Durante l’offensiva della prima battaglia di El Alamein, alla quale partecipò con una compagnia esplorante dei suoi guastatori, venne decorato dal generale Erwin Rommel con la Croce di Ferro di 2ª classe tedesca, seguita da un encomio solenne. Nella conclusiva fase della battaglia il battaglione da lui comandato, fu l’unico reparto del X Corpo d’Armata che, sia riuscito a sfuggire all’accerchiamento mantenendo il suo assetto organico.

Per tale risultato il maggiore Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo venne decorato della Medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione:

«Comandante di Battaglione Guastatori, con perizia, entusiasmo, tenacia, esponendosi sempre dove più arduo era il compito dei suoi uomini, riuscì a fare del suo reparto una valida unità di guerra che, disputata dalle Grandi Unità in linea, seppe apportare, a prezzo di gloriose perdite, l’efficace suo contributo dovunque lo richiedeva l’asprezza dell’attacco o il consolidamento di una disperata resistenza.Accerchiato durante un ripiegamento, benché ferito, rifiutava sdegnosamente la resa, e riusciva a salvare il suo reparto, col quale continuava, con indomito valore, una strenua resistenza.»
— El Alamein – Sirtica (A.S.), giugno-dicembre 1942

Dopo un periodo di convalescenza, nel maggio 1943 si fece promotore della ricostituzione del Battaglione Genio guastatori alpini, e ne assunse il comando fino al fatidico 8 settembre 1943. Sfuggito alla cattura tedesca, si diede alla macchia entrando nel gennaio 1944 a far parte della 106ª brigata partigiana Garibaldi.

Nella Resistenza, dopo varie vicissitudini, arrivò alla carica di Capo di Stato Maggiore del Corpo lombardo Volontari della Libertà nell’aprile 1945. Per la partecipazione alla lotta partigiana ebbe la Medaglia di Bronzo al Valor Militare.

Ha molto lavorato anche come disegnatore e scrittore: il suo diario “1915-19” pubblicato in occasione del cinquantenario della Grande Guerra quasi vinse il Premio Bagutta, vincendo invece il Premio Bancarella 1963 con il volume “Alamein” la cui tiratura superò il mezzo milione di copie.

Oltre 500 tra disegni, schizzi, illustrazioni e tavole; oltre trecento progetti architettonici realizzati; numerosi libri, articoli di stampa e racconti costituiscono lo straordinario e prezioso patrimonio che ci ha lasciato e dal quale si manifesta la poliedricità del suo ingegno.

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Scrisse al proposito il generale Gualtiero Stefanon:

“Non erano solo i veterani a richiedere l’opera di Paolo Caccia Dominioni: c’erano anche quelli delle generazioni più giovani, quelli che in guerra non c’erano stati per ragioni di età. Moltissimi ufficiali dell’esercito del dopoguerra, colsero l’opportunità di chiedergli un disegno, uno schizzo, una rappresentazione dell’unità che essi comandavano tale da sintetizzarne la storia e di fasti. … Un giorno andarono da lui alcuni reduci della Divisione Alpina Monterosa, dell’esercito della R.S.I., e gli chiesero qualche suggerimento per dare veste di sacrario dei caduti della Divisione ad un piccolo oratorio, San Rocco, situato nei pressi di Palleroso, un paesino della Garfagnana sulla ex Linea Gotica. … Ancora una volta la risposta del vecchio soldato, che pure aveva militato dalla parte opposta, fu Si. … Uomini così non muoiono mai, sono indistruttibili ed eterni nell’insegnamento che trasmettono. Come dicono gli Alpini il Ten. Col. Paolo Caccia Dominioni è solo andato avanti.”

Ma la sua maggior impresa, che gli valse la riconoscenza internazionale, fu la rischiosa missione di raccolta delle salme di ogni bandiera sui campi di battaglia del desertico libico-egiziano, impresa durante la quale come nei giorni della battaglia, egli non ha mai abbandonato il suo cappello alpino!

Dopo la fine della guerra il maggiore aveva ripreso la sua attività nello studio di ingegneria del Cairo, ma nel 1948 venne incaricato dal governo italiano di redigere una relazione sullo stato del cimitero di guerra italiano di Quota 33 ad El Alamein, a cui seguì presto l’incarico di risistemazione dell’intera zona con la costruzione del Sacrario che oggi conosciamo.

In circa quattordici lunghissimi anni di instancabile opera Caccia Dominioni che parlava correntemente tedesco, francese, inglese, arabo, attraversò in lungo e in largo il deserto africano teatro dei terribili scontri del ‘42, raccogliendo 4814 salme a 2465 delle quali è stato possibile dare un nome e ideando, progettando e costruendo il Cimitero-Sacrario di El Alamein.

Illustrazione di Paolo Caccia Dominioni di quota 33

Al suo fianco per dodici anni Renato Chiodini, al fianco del conte negli anni della guerra nel deserto egiziano e libico. Durante questo lunghissimo periodo passato ad El Alamein, Chiodini svolge attività di identificazione, ricerca e trasporto delle salme, edilizia, manutenzione dei mezzi e creazione del primo nucleo del Museo del Sacrario.

Fra le frequenti disavventure dell’ambiente desertico, il 31 marzo 1951 viene ferito al braccio dall’esplosione di una mina e nuovamente il 29 giugno dello stesso anno resta coinvolto nell’esplosione di una mina, posata all’epoca dei combattimenti dalla “Folgore”, che colpisce la jeep sulla quale viaggia con Caccia Dominioni.

Dal 1958 alla primavera del 1962 Chiodini rimane da solo ad El Alamein a continuare l’opera iniziata dal suo Comandante: per tali meriti viene decorato dell’Ordine della Stella d’Italia (già Stella della solidarietà italiana). A breve dedicheremo un apposito post al Sacrario di quota 33, luogo di cui il governo egiziano sta lavorando al progetto per rendere l’area a tutti gli effetti territorio italiano.

Nel 2002, in occasione del 60º anniversario della battaglia di El Alamein, il Presidente della Repubblica ha concesso al tenente colonnello Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo la Medaglia d’Oro al Merito dell’Esercito “alla memoria” con la seguente motivazione:

«Già Comandante del 31º Battaglione Guastatori del Genio nelle battaglie di El Alamein, assuntasi volontariamente, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’alta ed ardua missione di ricerca delle salme dei Caduti di ogni Nazione, disperse tra le sabbie del deserto egiziano, la svolse per oltre 12 anni, incurante dei disagi, dei sacrifici e dei rischi che essa continuamente comportava.

Con coraggio, sprezzo del pericolo, cosciente ed elevata preparazione tecnico-militare, condusse personalmente le ricerche tra i campi minati ancora attivi, venendo coinvolto per ben due volte nell’esplosione delle mine, sulle quali un suo gregario fu seriamente ferito e ben sei suoi collaboratori beduini rimasero uccisi.

Per opera sua oltre 1.500 Salme Italiane disperse nel deserto, unitamente a più di 300 di altra nazionalità, sono state ritrovate. Altre 1.000, rimaste senza nome, sono state identificate e restituite, con le prime, al ricordo, alla pietà ed all’affetto dei loro cari.

4.814 Caduti riposano oggi nel Sacrario Militare Italiano di El Alamein, da lui progettato e costruito, a tramandarne le gesta ed il ricordo alle generazioni che seguiranno.

Ingegnere, Architetto, Scrittore ed Artista, più volte decorato al Valore Militare, ha lasciato mirabile traccia di sé in ogni sua opera, dalle quali è derivato grande onore all’Esercito Italiano, sommo prestigio al nome della Patria e profondo conforto al dolore della Comunità Nazionale duramente provata dai lutti della guerra.»
— El Alamein, Sahara Occidentale Egiziano, 1942-1962

Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.

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